Oggi ho letto con piacere le tavole pubblicate da Zerocalcare su Internazionale, dove ha spiegato (nuovamente) non solo i motivi che lo hanno portato a non partecipare al Lucca Comics, ma anche la shitstorm che ne è nata. Perché nei giorni scorsi se ne sono sentite di tutti i colori, ed a quanto pare il fumettista non se l’aspettava.
Doverosa premessa: la questione del patrocinio israeliano al festival del fumetto è una polemica pretestuosa e fumosa. Non condivido chi ha proposto, nelle settimane precedenti, una sorta di “boicottaggio collettivo” o “a prescindere” del festival: se non ci vai non stai difendendo i civili sotto le bombe, nè stai protestando contro quel cattivone di Netanyahu. Se invece rifiuti di partecipare per i tuoi motivi, per una sensibilità personale o per questioni di principio, ben venga.
Questo è proprio quello che decise di fare Zerocalcare, che in un post riproposto su diversi giornali (ma evidentemente non letto o non compreso) ha semplicemente detto di non sentirsela. Punto. Fine. Il macello che ne è nato lo avete letto tutti, una gogna pubblica avallata anche dai grandi quotidiani che vorrebbero fare scuola di giornalismo e poi parlano di “disertori“.
Tutto questo dibattito violento, con tanto di tweet da parte di un ministro, numerosi politici e presentatori televisivi, è la cornice di un festival del fumetto. Manco fossimo al fronte. Manco fossero inviati di guerra. Un festival nel quale non si parla di Israele, non si parla della Palestina, non si parla della guerra: si parla di cultura, si parla di svago, si parla di creatività. E sul quale quest’onta rimarrà a lungo.
Qualsiasi cosa avesse scelto di fare Zerocalcare, avrebbe avuto torto. Sappiatelo. Il problema però è il linciaggio mediatico che ne segue: fino a qualche anno fa avremmo parlato di quel sistema noto come “la bestia” sui social, ma oggi? Oggi sono stati i giornali a linciare un autore, sono stati i quotidiani (e non solo quelli di destra) a riservargli articoli al vetriolo e taglienti paragoni. Senza contare tutto l’universo dei commentatori che ne è seguito.
Ma uno sarà libero di fare quel che vuole? Quello che sente giusto? Perché la libertà sembra sempre più vincolata al ruolo che ti ritagli nella società, ed ancor di più pare vincolata alle posizioni che assumi. Non è una novita, e forse qui è proprio l’autore a peccare di ingenuità (vera o presunta) pensando che il suo no potesse passare in secondo piano.
Ciò che rimane da fare a Zerocalcare è percorrere la strada della querela. E qui sarebbe più che giusto, perché non puoi essere etichettato come “terrorista” o “disertore” per una mancata partecipazione ad un festival del fumetto. Sono parole gravi e che non dovrebbero essere tollerate, pur diventate di una spiazzante normalità.
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