Leggo sempre più spesso di casi in cui degli studenti bocciati – spesso anche con molte insufficienze – presentano ricorso al TAR contro la loro bocciatura, vincendo. Una cosa che trovo incredibilmente paradossale, e che quest’anno ha generato un vivace dibattito anche a livello nazionale.
Oggi, purtroppo, abbiamo la conferma che un caso simile è avvenuto anche in Calabria, dove due studentesse catanzaresi potranno svolgere nuovamente l’esame di maturità al quale erano state bocciate. Il motivo? I loro verbali non erano sottoscritti. Quindi la bocciatura è stata annullata.
Premesso che farsi bocciare, oggi, è molto (ma molto) difficile, perché vorrebbe dire non solo presentare lacune enormi ma anche esservi indifferenti, e dunque fregarsene: ma allora aboliamola del tutto questa bocciatura, no?
Già si vogliono ridurre o eliminare i voti più bassi, perché denigratori e svilenti (sapeste quanti 0, 1, 2 e 3 ho preso al liceo…), poi si pretende di evitare nella quasi totalità dei casi le bocciature, perché non rispettose del percorso dello studente. E poi, quando ti becchi il somaro arrogante e prepotente, cresciuto in una famiglia che può permettersi il costo ed il tempo di fare un ricorso al TAR, te lo devi pure vedere riammesso. Per forza.
Questa cosa mi manda in bestia. Si parla tanto di meritocrazia, di sacrifici, di studio, e si perde poi il valore stesso dell’apprendimento, che non è solo studiare una materia, ma anche studiare come comportarsi con gli altri, come vivere nel proprio ambiente, nella società che ci circonda.
Che adulto sarà una persona che con 6 insufficienze (non una, non due, ma sei!) riesce ad ottenere la promozione tramite un giudice? Siamo già circondati da adulti incapaci di ammettere un fallimento. Incapaci di elaborare una sconfitta. Incapaci di lasciarsi alle spalle una qualsiasi cosa non andata per il verso giusto.
Queste persone sono i genitori di oggi. Che non riescono ad accettare neanche una bocciatura di scuola. Una “lesa maestà” ai diritti dei minori, ai loro figli, intollerabile, da correggere in tribunale.
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