In questi giorni ha fatto particolarmente discutere la “cauzione” introdotta dal Governo e riguardante i richiedenti asilo. Una norma che ha generato vaste critiche bipartisan, anche nelle frange più destrorse dell’esecutivo.
Vi risparmio link ai vari titoli di queste ore, che spaziano dal Pizzo di Stato alla monetizzazione del fallimento dell’accoglienza. Sono tutte analisi corrette, al punto che anche a livello euoreo è già arrivato un primo stop al testo presentato appena pochi giorni fa.
Tra l’altro, come evidenziato già in altri articoli molto più completi di questo, è stata smentita anche la linea del “ce lo chiede l’Europa”. Evito di ripetere quanto già detto e vi rimando alle letture linkate.
Aggiungo però un solo dettaglio, a tutto il dibattito che si sta generando in queste, partendo dal controsenso generato dallo stesso testa della legge ben spiegato questa mattina. Tutto ciò viene fatto nel nome di Cutro. Del “Decreto Cutro“.
Per il piccolo paese del crotonese – che troppo frettolosamente si è affrettato a porre targhe ed erigere memoriali, sotto i riflettori della politica nazionale – questa è un’onta che rimarrà indelebile. Il sindaco ha sposato “alla cieca” la causa contro i trafficanti di esseri umani, ma il nome del suo paese sarà ricordato per una cauzione da 5 mila euro chiesta agli stessi disperati che hanno già pagato proprio i tanto temuti trafficanti.
Certo, non c’è solo questo nel malloppone del decreto. C’è anche la detenzione preventiva fino a 18 mesi (che puoi evitare pagando), l’istituzione di nuovi CPR (tra cui uno forse proprio nel crotonese) e la richiesta di nuove missioni navali nel Mediterraneo, senza dimenticare le norme restrittive per le ONG che operano in mare.
Ecco, fossi un abitante di Cutro mi incazzerei. Ma forse è altrettanto vero che agli abitanti del posto non importi nulla di tutti questi discorsi, perché anche loro ripeteranno di aver già fatto la loro parte.
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