Quest’oggi il Parlamento Europeo è riuscito in un’impresa tutt’altro che scontata: con 336 voti a favore a fronte di 300 contrari (e dunque per un soffio) ha approvato la legge sul ripristino della natura, tanto osteggiata dalle destre di tutta l’unione.
Il testo – che è stato comunque “alleggerito” al fine di coinvolgere anche i più titubanti – prevede, in estrema sintesi, il ripristino di almeno il 20% delle aree naturali dei paesi dell’unione entro il 2030, ed il ripristino di tutti gli ecosistemi danneggiati entro il 2050. Un programma ambizioso che deve ancora essere definito a livello pratico.
Parte adesso, infatti, un lungo periodo di contrattazione con i vari paesi dell’unione, che dovranno decidere non solo come ripristinare tali aree (che si trovano tanto in terra quanto in mare), ma anche come classificarle: qual’è un’area naturale da ripristinare? Una discarica? Un sito inquinato? Un parco nazionale?
Si registra comunque un grande passo in avanti per l’Europa, che negli ultimi giorni ha inanellato ben due traguardi difficili da portare a casa. Uno è questo sull’ambiente, che sarà a tutti gli effetti una pietra miliare sul green deal internazionale. L’altro, invece, è un tema più delicato e (purtroppo) meno dibattuto.
Appena ieri è stato approvato anche il protocollo Slapp, che “prevede una serie di garanzie per le vittime delle cosiddette azioni legali strategiche contro la partecipazione pubblica, volte a intimidirli o logorarli economicamente“. Una serie di tutele quindi contro le querele temerarie, di cui anche io sono stato vittima.
Passerà ancora del tempo (molto tempo) prima che tali provvedimenti entrino concretamente in atto, ma è quanto meno apprezzabile l’orientamento progressista di un parlamento internazionale troppo spesso ostaggio di egoismi e nazionalismi. Segno che forse qualcosa sta cambiando a Strasburgo, anche se su molti altri temi c’è tanto da lavorare.
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