È curioso il fatto che anche per i recenti aumenti riguardanti la benzina ed il diesel, c’è chi torni a parlare di speculazione. Curioso perché non c’è niente da stupirsi: tolto lo “sconto” sulle accise, il prezzo dei carburanti è semplicemente tornato quello che era.
Evitando troppi decimali, la benzina è passata da 1,6 ad 1,8 al self-service, con un aumento di circa 18 centesimi, che corrisponde proprio allo sgravio che il governo aveva mantenuto fino al 30 dicembre scorso. È piuttosto semplice ed intuitivo come calcolo, ed è stato ampiamente dibattuto in concomitanza dell’annuncio di rinunciare allo sconto.
Eppure, dalle fila della maggioranza c’è chi torna a parlare di speculazione. Delle due l’una: o si è proprio scarsi in matematica (ma si possono anche avere le persone sbagliate a fare i calcoli al posto nostro), o è un’evidente tattica politica.
Ed è forse questo il motivo se una parte della maggioranza propende ed alimenta la tesi della speculazione: cerca di riottenere visibilità ed approvazione dopo aver dovuto mandar giù il taglio dello sconto. Dopo aver fatto il danno, si propone per risolverlo.
Un classico della destra. La stessa che per anni ha promesso di tagliare e ridurre le accise, ma che ovviamente non lo farà mai, perché lo Stato deve pur far cassa da qualche parte, sopratutto se si dispongono condoni a destra e a manca.
Detto questo, in linea di fondo trovo corretto l’eliminazione dello sconto tout-court, che grava per oltre 1 miliardo di euro sulle tasche di tutti. Non lo paghi quando fai benzina, ma lo paghi altrove. Lo Stato però dovrebbe ulteriormente ridurre le sue entrate su di un bene di consumo così importante, non applicando sconti o riduzioni ma rinunciando ad una parte degli introiti.
Un sogno, al quale però preferiamo la favola della speculazione.
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