Oggi ho deciso di completare la lettura di Spatriati, iniziata qualche giorno fa. L’intenzione era quella di godersi il libro senza fretta, ma dopo poche ore di lettura ho preferito affrontarlo tutto d’un colpo, e togliermi il pensiero.
È la stessa sensazione che ho avvertito lo scorso anno, quando lessi Due vite. Mi ero ripromesso di dedicare maggiore attenzione ai vincitori del Premio Strega, ma di volta in volta rimango stupito dal fatto che si tratti di testi leggeri, a tratti scialbi ed oltremodo commerciali (con nomi di prodotti, marche, attività esistenti).
Lo scorso anno c’era di mezzo la vita di Rocco Carbone, questa volta invece un termine comune in tutti i dialetti meridionali (ed ampiamente utilizzato anche in Calabria). Mi aspettavo una disamina narrativa delle difficoltà di noi spatriàti, ma è un tutt’altro che non saprei definire.
Si passa dalla precisa indicazione di canzoni, dischi, libri, alla generica narrazione del clubbing berlinese. Da storie di una notte che durano capitoli ad anni di vita riassunti in poche righe. Da una scrittura completa ed argomentata a frasi tipo “le fughe possono durare quanto un arcobaleno o per sempre“.
Di certo lo ricorderò per avermi fatto passare la voglia di leggere altra narrativa per un bel po’, nonostante le belle letture dei giorni scorsi.
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