Oggi ricorre l’anniversario dell’operazione militare Piombo Fuso, e non so perché ma è una di quelle cose che mi ricordo e basta, avendo ancora vivido il ricordo di quei corpi distrutti dal fosforo bianco. Decine e decine di video ed immagini che mi sono rimasti impressi in mente, assieme a scene del tutto simili da altri conflitti, non ultimo quello Russo-Ucraino.
La politica aggressiva di Israele ormai non fa più notizia. Il conflitto arabo-israeliano è un argomento tabù, e bisogna stare dalla parte di Israele. Altrimenti fai la fine di Rubio, che ad inizio mese è stato querelato per alcuni suoi tweet. Sulla vicenda volevo scrivere due righe, e ne approfitto per farlo adesso: lo chef ha ragione quando denuncia i doppi standard dell’occidente, anche perché è evidente la differenza di trattamento tra un conflitto e l’altro.
Nessuno sta più a difesa dei palestinesi. Il conflitto è andato per le lunghe (troppo lunghe), proprio come da copione: è stato tenuto in vita per generare quel disinteresse fisiologico che ognuno di noi nutre verso un determinato argomento. Esaurito quell’interesse, si vira verso altro.
Ecco quindi che il mondo intellettuale italiano (ma non solo) ha trovato altre battaglie da sostenere a parole, con simbolici sit-in con aperitivo e selfie da collocare in orari comodi. Abbiamo avuto di tutto, negli ultimi anni: sostegno alle primavere arabe, agli esuli siriani, ai curdi (ora ripudiati, di nuovo), facendo sempre una selezione preventiva su quali argomenti sostenere. Mai, ad esempio, è stato scelto qualche conflitto subsahariano, latinoamericano o asiatico, tanto per dire.
Ogni interessamento però si è concluso allo stesso modo: con il disinteresse. O peggio ancora, con l’infamia. A seguito dell’attentato contro i curdi a Parigi, si è tornati a parlare della “pericolosità” del Pkk e della “minaccia” che questo rappresenta sopratutto per la Turchia. Ed è lo stesso popolo che ci ha aiutato a contrastare l’Isis, non molto tempo fa.
Ma noi siamo amici con la Turchia, e non possiamo esserlo con i curdi. Continueremo a guardare Erdoğan con sospetto, continueremo a sapere che le belle serie tv turche sono solo immagine e che la vita li non è tutta rose e fiori, ma che ci importa? Abbiamo glorificato il battaglione Azov accostandolo alla resistenza dopo anni di denunce (cadute nel vuoto) nei suoi confronti, di cosa ci stupiamo?
Il punto, forse, è che la nostra storia si riscrive velocemente. E qui torno all’operazione piombo fuso, dopo la quale il governo di Israele ammise (non subito, e dopo numerosi insabbiamenti e depistaggi) di aver usato il fosforo bianco, arma proibita tutt’oggi dai campi di battaglia. Un crimine di guerra per il quale non ha mai pagato.
Ed è un crimine tra tanti, che continua a commettere impunemente una mano armata dal nostro disinteresse. Ci siamo già dimenticati l’assassinio della giornalista colpita deliberatamente alla testa dall’esercito israeliano, pochi mesi fa: hanno tentato di uccidere anche l’operatore video, ma purtroppo per loro si è salvato. E nonostante la sua testimonianza, non ci sarà alcun colpevole per questa morte.
In questo caso, abbiamo scelto di stare dalla parte dell’invasore. E lo abbiamo fatto anche con la Turchia (solo la Grecia protesta per l’approccio europeo), vedremo cosa accadrà con le crescenti tensioni tra Kosovo e Serbia, altro conflitto dimenticato le cui braci ardono da tempo.
Alla fine, è la storia di tutta la nostra civiltà, ad essere contraddistinta da un mero interesse che ci rifiutiamo di riconoscere.
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