La morte di Michail Gorbaciov sembrerà una notizia di poco conto che ottiene fin troppo risalto, una cosa da poco sopratutto per le nuove generazioni. Eppure è un fatto importante, perché rappresenta la conclusione definitiva di un capitolo della nostra storia recente.
L’ultimo presidente dell’Unione Sovietica si è spento nel periodo in cui il paese che contribuì a creare sta vivendo una drastica involuzione a quel nazionalismo di cui era malata anche la leadership dei soviet. Un nazionalismo violento, che lo stesso Gorbaciov aveva più volte apertamente criticato.
Ma si sa, se sei Gorbaciov è un po’ come essere Ochetto: qualunque cosa dici ti viene sempre rinfacciato il tuo passato. Un fardello pesante, anche controverso, ma che rappresentò un pezzo di storia importantissima, fondamentale, di importanza globale.
Gorbaciov fù il principale attore di una pacificazione globale, di un allentamento delle tensioni e di un maggiore dialogo in tutto il globo. Rappresentò quegli anni di illusione in cui si credeva davvero ad un mondo in pace, e lo fece pagando a caro prezzo le sue posizioni. Ma si sa: nessuno è profeta in patria.
La sua morte, oggi, coincide con la morte (avvenuta oramai da anni) dei suoi ideali di globalismo e di pace, di comunismo democratico e non autoritario, che tanto trovarono spazio tra i leader europei. Si giocò tutto per porre fine a quell’imperialismo che oggi la Russia alimenta e fomenta.
Gorbaciov è stato l’uomo sbagliato al momento sbagliato e nel posto sbagliato. E per questo motivo ha cambiato il corso della storia.
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