Andare a votare per questi cinque referendum è sostanzialmente un modo per aggiungere un timbro alla propria tessera elettorale, e nulla più. Perché è assolutamente scontato che i quesiti proposti non raggiungeranno mai il quorum: è una certezza matematica, un’evidenza lampante. Ma tant’è, e ne riparleremo domani.
I quesiti infatti sono di estrema natura politica, pensati e supportati da quel centro-destra che da anni porta avanti una battaglia personale (molto personale, in certi casi) contro la magistratura. E poi, sono ad evidente vantaggio della stessa classe politica: secondo voi, un elettore qualsiasi come reagirà quando gli spiegherete che i politici vogliono eliminare l’incandidabilità per i condannati ed evitare di finire in carcere nel corso di un’inchiesta?
Nella migliore delle ipotesi, il cittadino qualunque si farà una bella risata, o vi farà una pernacchia. Perché c’è ancora un forte interesse su questo tema, spesso esasperato dai manettari di professione e dunque strapazzato da un eccesso all’altro. Ma in soldoni, i reati commessi dai politici sono percepiti ancora con molto fastidio, ed è impossibile che masse di popolo vadano alle urne per un’indulgenza plenaria.
Eliminato il possibile interesse politico, e sottolineato lo scarso appeal dei quesiti di natura tecnica, ci troviamo di fronte ad un referendum che sarà da prendere di petto: o non si vota proprio, o si vota, e lo si fa in blocco. Nel mio caso, saranno cinque no, perché la riforma della giustizia è stata usata come propaganda politica da parte di un partito – la Lega – sempre più alle strette. I temi proposti non hanno valore popolare, ma vanno riformati dalle istituzioni, con temi proposti dalla politica, che, vale la pena ricordarlo, è stata legittimata dagli elettori.
La giustizia in Italia ha bisogno di una riforma. Questo è poco ma sicuro. Ma quelle proposte oggi non sono modifiche valide. Non servono a nulla, se non a salvaguardare gli interessi stessi della politica, anche all’interno del Csm. E per tanto, vanno respinte.
E così sarà. Ne riparleremo domani.
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