È con molta tristezza che ho notato, da circa un mese a questa parte, il lento morire del mio stephanotis floribunda, che dopo aver superato i vent’anni di vita anziché fiorire rigoglioso ha iniziato ad ingiallire ed appassire sotto i miei occhi. Un colpo al cuore, considerato anche il fatto che si tratta di una delle ultime piante messe a dimora da mio nonno.
La pianta non è ancora morta del tutto, ed alla base è viva e rigogliosa. Le sue appendici, in particolar modo le sue ramificazioni più lunghe, hanno iniziato a presentare inizialmente solo un generico ingiallimento: la bella fogliona verde e carnosa aveva delle macchie gialle, molto pallide, alle quali inizialmente non ho dato peso. Errore gravissimo, che mi ha portato a dover effettuare una potatura radicale (per dare maggiore forza alla pianta) che ora sta ancora lottando per salvarsi.
Ed io con lei, pur avendo finito i tentativi a mia disposizione. Quella che vedete in foto è chiaramente un’infezione fungina: alcune foglie hanno delle “stampe” circolari tra il nero ed il marrone, elemento contraddistintivo di chissà quale batterio. Come ha fatto il gelsomino del madagascar a prendere questa malattia, mai avuta prima? Anche questo non riesco a spiegarmelo. Ma il tempo stringe, e tutti i trattamenti sembrano essere stati vani.
Una vicina di casa mi ha detto che al tempo, mio nonno ci spruzzava acqua con del sapone dei piatti. Ora come ora sono abbastanza disperato da provarci, visto che i prodotti dedicati si sono rivelati finora inefficaci. L’infezione potrebbe essere anche alla radice, ma è strano che non abbia interessato la base e solo le ramificazioni. Una malattia che è un enigma, apparentemente incurabile e che giorno dopo giorno sta ingiallendo ogni ramo.
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