Fin troppo spesso è la politica ad indicarci un qualche “business”, termine oramai di conclamata cadenza negativa che lascia intendere imbrogli e retroscena poco limpidi. E l’intento della politica è quello di usare questi presunti business come cavallo di battaglia. Si pensi, negli ultimi anni, al “business dei migranti” o al ritorno del “business delle toghe“. Un linguaggio giornalistico che si intreccia con vere indagini, dalle quali si cerca di massimizzare un aspetto negativo e capace di indignare.
Gli italiani in fondo sono un popolo passionale, e da Mani Pulite le dimostrazioni pubbliche di sdegno non sono mai mancate. Cittadini comuni, con i loro problemi, si sentono così oppressi dalla magistratura (pur senza aver mai visto un magistrato), dalla giustizia (pur senza aver mai subito un processo) o dai migranti, troppi a prescindere. Una narrazione che, come già evidenziato e spiegato da fondi ben più autorevoli di me, elude i veri aspetti delle indagini per fomentare istinti più bassi.
Il fulcro di tutto questo giro di parole è: ma non è anche la politica un vero e proprio business? O, per dirla con altri termini cari proprio a certa politica, un magna magna?
Come nei più articolati raggiri, si tratta di un sistema molto redditizio e perfettamente legale. E mal che vada, ci si gioca la carta dell’immunità. Quello che si rischia di perdere è solo la faccia, ed a fronte di bilanci annuali da 100 mila euro (che quando li guadagni, a Crotone?) a ben vedere è poca roba. Basta solo buttarsi nella mischia, sostenere qualche tesi estrema o inverosimile e godere di quel minimo di notorietà richiesta. Oppure, stare semplicemente nell’ombra.
Tra interviste, dibattiti, ospitate, libri (!) e quant’altro, un politico è oggi un imprenditore di marketing e comunicazione. Vende la sua immagine e la tramuta in consenso elettorale, cosa che garantisce introiti maggiori in buona parte dei casi. Non c’è dunque da stupirsi dei “politici di professione”, che hanno capito per tempo il giochetto.
Giochetto che è stato evidente con la rielezione di Napolitano prima e di Mattarella poi: in altri termini, si fa di tutto per non cambiare il proprio status quo. Una condizione che dovrebbe disinteressarci dal seguire certe dinamiche, ma che (incredibilmente) aumenta l’interesse per la politica.
Quel che è certo è che siamo di fronte all’inizio di un nuovo corso. Terminati questi marasmi e mal di pancia, assisteremo ad una nuova forma di politica nazionale dopo la prevalenza e l’ascesa di un centro-destra che al netto degli anni impiegati per crearsi si è sgretolato fin troppo in fretta. Forse cambierà comunicazione, cambierà approcio, cabierà business. Ma i politici saranno sempre loro. E saranno anche di meno, quindi con ogni probabilità solo i soliti quattro gatti, politici di professione.
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