Se anche voi vi siete imbottiti di puntate di Border Security, di certo non vi aspettavate che un tizio potesse passare la tanto temuta frontiera australiana dopo aver amesso di aver mentito sulla propria richiesta di visto. Eppure è successo. Ed il governo australiano usa toni che potrebbero metterlo dalla parte del torto.
Ovviamente mi riferisco alla vicenda del tennista Novak Djokovic, sul quale tanto si è scritto e tanto si è detto in questi ultimi giorni. Tutti ad apostrofarlo come “campione“, o “numero uno“, giusto per aumentare il mito di un tizio qualunque che è solo bravo in uno sport. Già tanto basta per vedere uno scandalo nel fatto che è stato mandato in un hotel qualunque, dove gli è stato negato di avere il suo chef personale.
Roba da altro mondo, così come è da altro mondo tutto quello che sta venendo fuori. Chi si sarebbe mai aspettato che un egocentrico milionario, già organizzatore di un torneo di tennis nel bel mezzo della pandemia, potesse mentire sul suo stato di salute? Eppure sembrerebbe quallo che è successo: per la seconda volta Djokovic ha avuto il covid, e questo di per se non è un problema. Il problema è tutto quello che ha fatto facendo finta di nulla.
Apro una parentesi: il governo serbo, alla luce di quanto sta emergendo in queste ore, potrebbe (e dovrebbe) prendere provvedimenti, dato che fino a poco fa ha difeso a spada tratta il tennista. Dopo che alcuni politici hanno usato termini come “prigioniero“, e si è arrivati addirittura al richiamo dell’ambasciatore australiano. E sorvoliamo sui commenti fatti dai familiari, talmente esecrabili da poter essere inquadrati solo nell’ottica di perdere una piccola grande fortuna.
Insomma, ciò che penso l’avrete capito: Djokovic non sarebbe proprio dovuto uscire da quell’albergo per andarsi ad allenare, ma andava respinto. Così come vengono respinti tutti quei poveri cristi che cercano di passare allo stesso modo. Invece è solo stato multato, ed il governo si riserva di decidere sul da farsi.
E qui passiamo all’altra questione del discorso. Perché il governo australiano – che notoriamente non brilla per elasticità nè per empatia verso il prossimo, anzi – ha minacciato di usare il “pugno duro” nonostante un tribunale abbia stabilito che il visto del giocatore è valido. E qui è un altro paio di maniche. Lungi da me il volerlo difendere, ma se il visto è valido come è stato stabilito, sentire che un governatore si vuole impuntare è un campanello di allarme.
La vicenda ovviamente è tutta in divenire. Nel mentre, come se nulla fosse, il tennista si allena. Forse sicuro di poter giocare, dato che nessuno dei suoi sfidanti avrà il coraggio di boicottare i giochi o le partire. E tutto sarà come sempre. Con buona pace di chi non è Djokovic: tanto, qualche fesso che lo supporta c’è sempre.
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