Dopo i disagi della pandemia, il nuovo anno inizia già con il suo carico di problemi. E gli aumenti di quasi tutto, con conseguente consapevolezza di dover fare molte rinunce (ancor di più di quante già non fatte) hanno già ridimensionato le aspettative.
Neppure il tempo di assaporare quel che resta del dolce periodo festivo, che la realtà torna ad abbattersi come un macigno. Passata la befana arrivano già le prime bollette, e si delineano le scadenze del mese. Ed a fare due conti, inizia un mese difficile: già in bolletta. Già in rosso.
E siamo ancora ad inizio mese. Un mese nel quale so già di aver consumato uno stipendio che devo ancora ricevere. E dunque: come fare? Non lo so più. Alzare qualche euro è diventato difficilissimo, e la pandemia ha peggiorato la situazione, che di certo non era rosea in città.
Il mio istinto, sicuramente sbagliato per quel che può valere, non è cambiato poi di molto: ai primi screzi mando a fare in culo tutto e tutti. E questo non aiuta, perché contribuisce non solo a bruciare la terra che ho intorno, ma anche a spargerci una bella dose di sale. Non che la cosa mi dispiaccia.
Negli anni le ho provate tutte, ma evidentemente non è servito poi a molto. Curare un’orto ed avere delle verdure fresche ogni settimana mi sembrava una rivoluzione, ma serve a poco. Cercare di essere corretto ed educato, disponibile e preciso… è quasi un demerito. Ed allora sono qui, alla soglia dei trent’anni, a non sapere più che fare.
Andare avanti in questa direzione, ostinata e contraria? Forse, anzi probabile. Ma diventa sempre più dura. Sempre più difficile. Anche per chi, come me, campa con pochi spiccioli ogni mese. Quei pochi spiccioli non bastano più, ed io non ho più nulla da dare se non il sangue e la carne.
Al solo pensiero di dover mettere da parte quanto serve per l’auto vado in panico. Almeno bollo e assicurazione arrivano a metà anno, ma se succede un imprevisto? Meglio non pensarci. Fare i conti è una malattia, e va a finire che ti ammali: e questa è l’ultima cosa che mi manca.
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