Roberto Occhiuto è, ovviamente, il nuovo presidente regionale. Dopo essere uscito da Forza Italia sbattendo la porta, ringrazia “il presidente” Silvio Berlusconi per la fiducia ed ottiene ciò che voleva già nel 2020. Il centro-destra ottiene così un mandato-bis, e governerà la Regione, complessivamente, per 6 anni.

Un risultato scontato, ampiamente previsto non tanto per l’apprezzamento che i calabresi hanno di Occhiuto – politico di razza e navigato – ma per la solita capacità del centro-destra di mobilitare le “sue” masse. Anzi, capacità che va riconosciuta in particolar modo a Forza Italia, primo partito che di volta in volta sembra resuscitare dalle sue ceneri.

Crollano (fortunatamente) la Lega e Fratelli d’Italia, a destra ci si scopre più moderati e meno populisti. La Linea Salvini non ha dato i risultati sperati, che di questi tempi gli italiani hanno più pensiero per le tasse e gli aumenti del costo della vita che non per gli sbarchi. Resta da vedere se rimarrà in piedi in comico ticket Occhiuto-Spirlì: per ora ninuzzo non ha aperto bocca.

Insomma, la Calabria resta a destra, e fa cassa delle elargizioni sparse negli ultimi mesi dalla giunta facente funzione: si noti il caso di Gianluca Gallo, assessore all’agricoltura uscente riconfermato con oltre 22 mila voti. Segno che interfacciarsi con la società civile, con le associazione ed i circoli, paga. E paga ancor di più quando si recepiscono le istanze del territorio, riuscendo a dare risposte concrete e non i soliti, fumosi e noiosi “poi vediamo“.

In questo quadro, il centro-sinistra paga indubbiamente un immobilismo che pesa ben di più della frammentazione. A fronte di alcune personalità forti, l’atteggiamento scelto è stato quello di maggior cautela. Una nomina travagliata, quella di Amalia Bruni, arrivata dopo almeno altri 3 nomi. Insomma, lo stesso errore che il centro-destra ha commesso nel centro-nord. Errore per altro ammesso.

La Bruni non ha fatto breccia nel cuore dell’elettorato. Alcuni l’hanno apertamente boicottata. Altri hanno preferito improbabili autocandidature – vedasi Mario Oliverio, che conclude oltre trent’anni di vita politica con un risultato misero e ridicolo – e chi invece poteva sostenerla ha provato a soffiargli il posto. La “sinistra più sinistra” di Luigi De Magistris si porta a casa un bel risultato, ma cosa se ne farà?

L’unico volto su cui avrebbe dovuto puntare il Partito Democratico era quello di Nicola Irto, che forse (forse) sarebbe riuscito a raggiungere parte dell’elettorato più giovane, grande assente in questa chiamata elettorale. Ma è andata come andata, nel tentativo di replicare “l’effetto donna” piazzato dal centro-destra con Jole Santelli. Mossa fatta in ritardo, ed in malo modo.

Che ne sarà, dunque, di questa Calabria? La vittoria del centro-destra porterà importanti conferme, come il prosieguo degli improbabili studios cinematografici a Lamezia Terme o il mantenimento della Calabria Film Commission. Ma anche una battaglia per il famigerato ponte sullo stretto, una non meglio precisata “lotta” contro i rifiuti. E poi, probabilmente, il de-commissariamento della sanità. I tempi, daltronde, sembrano ormai maturi. E poi, fù il centro-destra di Scopelliti a farci finire commissariati: come in una sorta di anatema, sarà il centro-destra a rompere questa condizione?

Vedremo. In ballo c’è tanto, e per ora una ventata di novità c’è: il consiglio regionale è composto prevalentemente da new-entry, segno che certe dinastie politiche, almeno per ora, si sono interrotte. Scarsa, tuttavia, la rappresentanza dei territori: per la provincia crotonese e per quella catanzarese (contro la quale spesso e volentieri ci si scaglia) entrano solo un consigliere a testa. Poco. Pochissimo.

Ma in fondo, anche per questo la politica ha fallito, non riuscendo a portare alle urne neanche la metà degli aventi diritto. Tra i coetanei miei conoscenti, sono stato l’unico ad andare a votare. Non c’è fiducia, da parte dei giovani, nè nei partiti nè nei politici. Men che meno nelle espressioni del territorio, al punto che averne o non averne in Regione è quasi come fosse lo stesso.

Daltronde, possiamo dire che decenni di rappresentanza crotonese abbiano prodotto qualcosa? Non ha tutti i torti, chi dice che tanto è uguale.

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