In questi giorni drammatici, dove la mano dell’uomo sta divodando fauna e flora in mezza regione, non fanno che venirmi in mente tutte le campagne mediatiche degli anni scorsi contro i forestali calabresi. Vedo un’incendio, l’intervento dei Vigili del Fuoco, e penso a quanto ci si sia spesi, in passato, contro questa categoria.
Come si dice: Santa Chiara piange dopo il furto, ed oggi noi dobbiamo interrogarci sulle responsabilità che ebbe questa demonizzazione di massa nella mancata prevenzione degli incendi a cui stiamo assistendo.
Sia ben chiaro che non si parla di una difesa a spada tratta del “sistema forestale” calabrese. Quello perpetrato in passato fu un vero e proprio bacino di voci, uno scambio elettorale, peraltro pure ammesso da alcuni dei diretti interessati. La Calabria arrivò ad avere oltre 70 mila forestali negli anni ’80: numeri, quelli si, davvero esagerati.
Oggi invece a difesa dei circa 700 mila ettari di patrimonio naturale ci sono poco meno di 5 mila uomini. Persone avanti con l’età, non sempre in grado di affrontare le fiamme e di sopportare turni di lavoro così lunghi. E serve dunque l’intervento dei Carabinieri Forestali, ma sopratutto dei Vigili del Fuoco e della Protezione Civile. E nonostante ciò, le fiamme avanzano.
Quello dei 5 mila uomini è, dunque, un numero puramente indicativo. Calabria Verde, nell’annunciare la mobilitazione di tutto il suo personale, parla ad esempio di 2.500 soggetti. Se sommiano un altro migliaio di forze dell’ordine coinvolte (ed è un numero in eccesso) arriviamo a 3.500 persone impegnate a fronteggiare centinaia di roghi in aree impervie e difficili.
Una mission impossible, che difatti sembra persa in partenza. L’impegno nello spegnere i roghi è eclatante, ma questi si propagano troppo rapidamente. È stato già detto e lo ripetiamo: serve prevenzione. Ma con questi numeri di personale impegnato nei vasti boschi, farla è oltremodo impossibile.
Questa è una colpa tutta regionale, che daltronde è stata più volte accusata – anche in questo 2021 – di non aver predisposto un vero e proprio piano antincendio. Si sarebbe limitata a fare un copia ed incolla, sostanzialmente. E difatti ci troviamo di fronte ad un copione già visto, letto e sentito: con l’intera regione invasa dalle fiamme.
A questo punto, è scontato che per l’anno a venire vadano prese misure serie, che travalichino le inutili e costose campagne di sensibilizzazione in cui si spende sempre troppo, anziché puntare su interventi sui territori. Stiamo parlando sempre di più di ambiente e della sua importanza. È ora di fare qualcosa.
La Regione Calabria deve puntare ad una nuova generazione di forestali. Come intende farlo spetta a lei, ma servono persone, associazioni e privati che curino le aree verdi. Se non può farlo Calabria Verde – com’è platealmente constatabile – lo si faccia fare a chi vive in quei centri, o, come fatto in passato, a specifiche associazioni.
Questi roghi sempre più estesi e voraci continueranno. Il riscaldamento globale genera più vegetazione secca che finirà inevitabilmente per alimentare queste fiamme. Serve, dunque, un’attività preventiva. E solo quando questa sarà correttamente messa in campo, potremo parlare di incendi “imprevedibilmente dannosi”.
Altrimenti, parliamo solo di una conseguenza del menefreghismo.
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