In Calabria dietro al settore giornalistico c’è un mondo torbido, che spesso si fa finta di non vedere. Oggi, con la pubblicazione di alcune intercettazioni in merito all’inchiesta Alibante, emergere uno spaccato sul mestiere e sui “colleghi”.
L’inchiesta infatti ha coinvolto l’ex direttore di LaC, Pasquale Motta, alla guida di uno dei siti più prestanti e più seguiti in tema di informazione regionale online. Volenti o nolenti, bisogna dare i giusti meriti. A seguito di tale operazione, però, più di qualcuno si è tolto qualche sassolino dalla scarpa.
In primis abbiamo letto quanto pubblicato sul Quotidiano del Sud, dove già da diverso tempo si leggevano articoli contro la “spettacolarizzazione” eccessiva messa in atto dal network. Oggi invece è il turno del Corriere della Calabria, che in un pezzo abbastanza lungo evidenzia gli attriti ma sopratutto i collegamenti con il mondo politico.
Un giornalista, per mestiere, deve avere contatti un po’ ovunque. Fin qui ci siamo. Il discorso diventa diverso quando riesci a sfruttare questi contatti per ottenere qualcosa, qualunque cosa sia. E questo sembra essere il caso in questione, che rischia di minare (ed anche pesantemente) l’immagine di un intero network.
In fondo lo sappiamo bene, e lo sappiamo tutti: c’è chi lavora perché è ammanigliato, e chi lavora perché gli piace quel che fa. E nel mondo dell’editoria, spesso in mano ad imprenditori di varia (e dubbia) natura, avere certe amicizie è importante. Resta così l’amaro in gola nel vedere, ancora nel 2021, quel “sistema” dietro una storia di successo.
Passino le cattiverie sui colleghi. Passi il linguaggio sboccato. Passi il temperamento, l’età, l’esperienza. Non so se credere o meno all’aggravante mafiosa. Si vedrà. Certo è che questo è un nuovo, pessimo e squallido caso di cattivo giornalismo. Tutta facciata. Tutta immagine. Tutta scena.
Na bella novità.
Lascia un commento Annulla risposta