Oggi, nel vedere l’impresa del primo viaggio spaziale turistico, ho ripensato alla famosa lettera inviata dalla suora Mary Jucunda allo scienziato della Nasa Ernst Stuhlinger: questa si chiedeva se valesse la pena spendere così tanto per la ricerca spaziale, ed oggi questa domanda dovrebbe essere di nuovo al centro dei nostri pensieri.
Certo, in questo caso parliamo di un miliardario, Richard Branson, che alla soglia dei settantun’anni ha deciso di battere sul tempo il rivale Jeff Bezos. Due patron dalle ricchezze inquantificabili, che hanno deciso di spendere i loro capitali in una corsa allo “spazio” per soli ricchi.
La ricerca spaziale potrebbe avere dei risvolti pratici nelle nostre vite, si è sempre detto. Fantasiose teorie sui combustibili spaziali e sulla vita extra-terrestre affascinano tutti, ma nella pratica – quella concreta – ad oggi di risultati non se ne vedono. Sappiamo sempre più cose, comprendiamo meccanismi più grandi di noi, ma alla fin dei conti si tratta di un gioco fine a se stesso.
E di questo, i paperoni spaziali non ne fanno mistero: il loro intento non è volto alla ricerca – anch’essa oggi biasimabile – ma al profitto. La loro idea è quella di realizzare un business rivolto ai ricchi, ai vip, a chi può permettersi di sborsare cifre come un quarto di milione di dollari per volare alla soglia dei 100 chilometri da terra.
A che serve, tutto questo? Oltre ad essere una chiara ostentazione di “potere”, senza dubbio, ma a cosa serve? Penso che un discorso del genere possa essere stato affrontato, tanti anni addietro, quando comparvero i primi elicotteri ed aeroplani: c’era sicuramente qualche criticone che non ne vedeva alcun beneficio. E si sbagliava.
Oggi però dobbiamo davvero chiederci se vale la pena investire non tanto i soldi – che sono, volenti o nolenti, dei miliardari in questione – ma le materie prime in questi progetti. Miliardi di litri di carburante letteralmente sprecati. Con buona pace delle battaglie ambientaliste, e di tutta l’attenzione che il mondo sta ponendo sul tema naturale.
Il tutto, per sollazzare qualche buontempone. Dopo tanti hanno, ho rivalutato la lettera di quella suora dallo Zambia, che non si capacitava dei miliardi spesi per volare in cielo a fronte di tutta la gente che muore di fame. I problemi di quegli anni sono problemi ancora oggi, ma il traguardo più grande è vedere un miliardario che “galleggia” in assenza di gravità per qualche minuto.
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