Ogni giorno, più volte al giorno, mi illudo di poter leggere qualche articolo sui principali quotidiani nazionali. Ci clicco sopra, e puntualmente mi compare un paywall o un avvertimento: contenuto esclusivo per gli abbonati. Ok, ma non posso mica abbonarmi a tutto.

Quello che volevo capire, detto molto francamente, era qualcosa in più rispetto alla riforma della giustizia approvata nelle ultime ore. Un discorso che ho seguito marginalmente ed a grandi linee, del quale è arrivato il momento di comprendere critiche e posizioni a favore. Anche in vista dei referendum che, almeno sulla carta, sembrano essere certi.

Come ogni cosa, non trova tutti d’accordo. Ed il problema, in questo quadro, è che si sentono solo campane di parte. Speravo dunque di trovare qualche approfondimento per capire meglio cosa è cambiato, per poi farmi un’idea se sia stato un cambiamento in meglio o in peggio.

Inizio a fare dunque il consueto giro dei quotidiani nazionali. Clicco il primo articolo, messo in prima bello grande, e niente, non posso leggerlo: contenuto riservato agli abbonati. Provo anche i vari approfondimenti, ma a parte qualche opinione – che come già detto ora non mi interessa – non posso approfondire.

Succede lo stesso anche con il secondo sito, e con il terzo, ed il quarto, il quinto e così via. In poche ore sono stato bombardato da numerose offerte di abbonamenti a prezzi vantaggiosi, che tuttavia mi impongono di avere un abbonamento – in alcuni casi anche piuttosto caro – anche solo per leggere le opinioni di qualche firma.

A questo punto, qualcuno mi potrebbe dire “comprati un giornale“. E sarebbe giusto, ma il problema di fondo non cambia: l’accesso all’informazione, così proposto, è un danno. Ed un tentativo di affiliazione, di monetizzazione sulle notizie che dovrebbero essere di pubblico dominio. La riforma della giustizia non è un dossier o un’inchiesta: è un fatto di interesse pubblico, che dovrebbe essere ampiamente dibattuto e spiegato senza prevedere alcun obolo.

Un abbonamento ad un quotidiano si fa per gli inserti, per le pubblicazioni esclusive, per i progetti, le attenzioni. Non per poter leggere una notizia e per poter approfondirla. Anche perché una persona comune, che clicca e si ritrova ad una richiesta di abbonamento, semplicemente chiude la pagina storcendo il naso.

Sembra quasi che l’informazione, oggi, sia tutta un premium. Un doppio danno, che esclude i lettori – quantomeno quelli interessati – dalla comprensione delle cose e che “elitarizza” i contenuti di pubblico dominio anziché valorizzare lavori importanti ed articolati.

Di questo passo, sarà necessario avere un abbonamento ad almeno un quotidiano – condizione che per la maggior parte delle persone si tradurrà in un abbonamento unico – e dunque propendere sempre e solo da una campana.

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