L’enorme dibattito nato attorno al famigerato ddl Zan ha inevitabilmente focalizzato l’attenzione degli spettatori – ossia di tutti noi che non siamo direttamente interessati dalla norma – sulle ragioni di chi lo sostiene e di chi lo avversa. Trasformando di fatto un dibattito sui diritti in uno sulle ideologie.
E attenzione: sarebbe troppo facile fare l’ennesimo post dove ricordiamo l’arretratezza della destra sul tema. Una destra che ancora oggi è compatta a combattere fantasiose teorie e cospirazioni sessuali, un po’ come lo era negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso.
Aldilà di questo problema – che comunque prima o poi si risolverà, dato che sia la Lega che Fratelli d’Italia vanno ripetendo la loro apertura almeno a parole – c’è un altro problema di fondo, ancora più grave, e sta nel mondo non solo politico, e dunque della sinistra, ma anche della società civile.
Lo ha sintetizzato bene, secondo me, Stefano Cappellini, che oggi su Repubblica ha aperto uno squarcio sul mondo dell’attivismo sessuale. E lo ha fatto proprio a seguito della pubblicazione di un’intervista alla presidentessa di Arcilesbica, che si è detta contraria ed insoddisfatta dall’attuale impostazione della Legge Zan.
Ecco: la maggior parte delle persone è allo scuro di certe dinamiche, e potrebbe rimanere sorpresa dal fatto che proprio una sigla lesbica sia contro una legge che dice di volerle tutelare. Esistono in realtà molte ragioni – e molti scontri – sul tema, che spesso però non giungono al di fuori di una ristretta, ristrettissima cerchia di diretti interessati.
Sono, a tutti gli effetti, discorsi puramente ideologici, teorici, che trascendono l’ottenimento o il riconoscimento di un diritto. E se in passato l’aspetto più controverso era l’orientamento sessuale, oggi il tema di dibattito si è spostato quasi unicamente sull’identità sessuale. E su questo si litiga, in merito all’approvazione del ddl.
I timori, in merito all’identità sessuale, sono gli stessi che si palesavano negli Stati Uniti ad inizio millennio. Ricordate, ad esempio, l’episodio si South Park “La nuova lussuosa vagina di Mr. Garrison“? Si iniziava ad affrontare il tema dell’identità di genere e della percezione di se stessi, con il consueto piglio scorretto del cartoon.
Oggi i timori avallati da alcuni esponenti politici sono gli stessi. Come nel caso di quella garante dell’infanzia (!) che ha affermato che con questa legge si potrà fare liberamente sesso con gli animali, i bambini e le cose. Non molto diverso da chi sosteneva che permettere le operazioni di cambio sesso permettesse di diventare un delfino.
In definitiva, l’idea di permettere un’autodeterminazione fa paura, perché permetterebbe a più di qualche coraggioso di definirsi come meglio ritiene opportuno. La domanda che però mi sorge spontanea, al termine di tutto questo discorso, è: serve davvero dover definire e dichiarare la propria identità sessuale?
È davvero necessario doversi etichettare in una marea di acronimi e sigle che, anno dopo anno, si allungano sempre di più? Secondo me, no. La sfera sessuale è e deve restare libera, e per questo transcendere dalle moderne etichette sempre più opprimenti. Un tempo si fece fatica a passare da LGB a LGBT, oggi invece siamo arrivati a LGBTQ, LGBTQIA+ e LGBTQIAPK.
Si tratta di inutili fardelli che fanno perdere di vista il reale scopo di un provvedimento legislativo: la tutela. La tutela che deve prescindere da ogni orientamento sessuale, qualunque esso sia, e che dunque non deve dare importanza a questione come identità e percezione.
Tra qualche giorno si voterà il Ddl Zan, e non è affatto scontato che passi. Al netto dei disabili, adesso anche la sessualità è divenuta carne da macello politico. Chapeau.
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