Vivere di politica, si sa, è un’arte. Forse anche un mestiere difficile. Perché tra le varie qualità che non possono mancare ad un buon politico, c’è quella di capire per tempo dove andare, come salvarsi. Pena, se non se ne tiene conto, l’uscita di scena o la perdita di “peso”.

Abbiamo sotto ai nostri occhi un esempio da manuale, che tuttavia passerà in sordina ed interesserà ben pochi: Enzo Sculco è passato all’Udc. Una notizia apparentemente di poco conto, ma che vale la pena inquadrare e discutere. Non tanto perché parliamo di un pregiudicato dalla querela facile ancora in piedi nell’universo politico locale, ma perché ci da un esempio della “politica-giocattolo“.

Questa tipologia di politica, più che come un’ambizione, è vista come un obiettivo. Un modo per stare a galla, indipendentemente dallo schieramento o da ciò che si pensa. Ci si piazza in un determinato partito, lista civica o movimento che dir si voglia, e si contribuisce a far pendere l’ago della bilancia. Niente più, niente meno.

Il nostro personaggio è, come già detto, un caso da manuale (come ce ne sono tanti in città, Dorina Bianchi docet), perché a differenza di altri politici di razza non si lascia andare ad un cambio smodato e compulsivo, ma si muove più lentamente, con più cautela, e cambia solo quanto è strettamente necessario. E questo ingresso nell’Udc – che a livello regionale sta pagando ancora lo scotto dell’inchiesta Basso Profilo – sembra essere l’approdo più naturale dopo l’avventura di Ugo Pugliese, con il quale di fatto il grande blek si era già allontanato dal centro-sinistra.

Ed il problema in fondo è proprio nel centro-sinistra. Lo sappiamo già, ma con tutto quello che sta succedendo è abbastanza chiaro che lo Sculco abbia intuito che alla prossima tornata elettorale è meglio pararsi con il centro-destra, in special modo dopo i problemi avuti con il gruppo dei Democratici & Progressisti. Continuare a presentarsi tra le fila di un centro-sinistra aperto, progressista e democratico non porta da nessuna parte, e si preannuncia una sconfitta annunciata.

Si salvino allora capra e cavoli, come si suol dire. Si abbandoni quella barca-carrozzone che ormai non garantisce più nulla, e si cominci una nuova avventura. Un “naturale proseguimento” per qualcuno, una paraculata per qualcun altro. Ma tant’è: l’importante, in politica, è salire sul carro del vincitore. A certi soggetti, a parte questo, non rimane poi molto altro da fare.

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