Vi è mai capitato di litigarvi – a parole – con qualche anziano che, vedendovi passare, vi grida che “li tiene pulito lui”? Ecco, quest’anno mi capita sempre più spesso. Ed è una situazione al limite del tollerabile, che ci ricorda l’altra faccia della medaglia di chi tiene pulito per avere un tornaconto tutto per se.
Ormai l’ho capito anche io, con i cristiani bisogna avere pazienza. Altrimenti, ogni giorno finisci per avere un motivo buono per litigare. Bisogna passare sopra a tante cose, che in sostanza si possono riassumere nel classico malcostume tutto meridionale della prevaricazione.
Ognuno cerca di ricavarsi uno spazio tutto per se, sopratutto dopo il covid. Sacrosanto, giustissimo. Peccato che la “pretesa” di avere un angolo esclusivo, sopratutto sul lungomare, si trasformi spesso in un pretesto per alzare la voce, per rivendicare uno spazio pubblico sulla base di presunti servizi che uno vi applica.
Due esempi, capitatimi entrambi nei giorni scorsi e che vedono sempre come protagonisti dei nutriti gruppi di attempati dalla lingua lunga. Il primo ha colonizzato una piazzetta belvedere, il secondo un’area con un po’ di verde, due punti “strategici” sul lungomare.
Entrambi i gruppi recriminano il possesso di quei luoghi, ed il solo avvicinarsi con il cane equivale a beccarsi una gridata. Non sia mai che fai pisciare la bestia li, che loro ci tengono pulito. E guai a provare a rispondere: alla mia richiesta di un eventuale atto di proprietà, l’invito è stato quello ad andarmene prima di imbrigarmi.
Insomma, in sostanza abbiamo questi gruppi di uomini che consumano quotidianamente una non indifferente quantità di acqua pubblica – a scrocco, ovviamente – per lavare a terra ma non solo: anche per lavarsi l’auto, con tanto di detersivi e pezze, o per riempirsi taniche da portare a casa. Terrano anche pulito un piccolissimo pezzo di marciapiede, ma il tornaconto è evidente.
L’ultimo caso, invece, è di qualche giorno fa, e si contrappone a quelle operazioni di resistenza urbana di cui parlavo ieri. Un gruppo di persone ha impiegato diversi giorni per pulire quell’anfiteatro a livello spiaggia, da tempo sommerso dalla sabbia ed inutilizzabile. Un lavoro certosino e non facile, vista la mole di sabbia da movimentare e pulire.
Ebbene, a lavoro finito, ecco che l’azione intrapresa si mostra sotto un altro volto: una sorta di colonizzazione del luogo, che dopo essere stato abbellito con piante, cestini e disinfestanti vari, diventa ad uso esclusivo di un gruppo di persone, con tanto di sedie sdraio lasciate perennemente sotto l’ombra a ricordare che li è già di qualcuno.
E di nuovo, i richiami quando passeggi col cane (anche se non lo fai pisciare, basta che ti vedono), gli “inviti” a non sporcare ed a non rovinare (anche solo se ti vedono seduto), e tutta l’arroganza che quasi lascia intendere una malsopportazione della tua presenza. Quasi come fosse un’invasione di proprietà.
Lasciatemi dunque dire che alla fine della fiera poco importa, dato che in questi posti non mi ci trovo a passare la giornata: ho altro da fare, e ben venga che chi li pulisce se li goda. Tuttavia, sono degli esempi da manuale di uno dei tanti mali che affliggono la mentalità crotonese.
Una mentalità che ben rappresenta l’incapacità di fare qualcosa a prescindere, in modo disinteressato. Una mentalità che dimostra quell’opportunismo che si cela dietro ogni mossa, incapace di essere spassionata e disinvolta. Una mentalità vecchia come i soggetti che la mettono in mostra, che si spera non venga tramandata.
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