Tra un mese esatto torneremo a votare. Due giorni che già da qualche settimana vengono definiti come decisivi, fondamentali, ed etichettati in pompa magna come il momento unico ed irripetibile per cambiare la città. Parole già sentite, già scritte, già assimilate, ed alla quale, fondamentalmente, credono giusto i supporter più sfegatati.
I proclami di cambiamenti radicali più unici che rari si susseguono ad ogni tornata elettorale sin dagli anni ’80, ed ogni volta è stata “l’ultima occasione”. Siamo arrivati così al 2020, dove ogni politico – navigato o meno – ha esaurito il suo libricino delle dichiarazioni, e sembra ancorato a concetti vecchi, a racconti superati. Sembra quasi che la campagna elettorale sia un lento trascinamento di comunicati che vengono pubblicati per forza di cose, dove ci si limita a scrivere e dire il minimo indispensabile.
Ed eccoci dunque al momento delle decisioni. Mancano trenta giorni al momento della scelta, della X, ed ora gli indecisi valuteranno. I sostenitori di ogni parte vanno gridando i loro proclami, i loro “progetti”, le loro idee. Danno quasi per scontato di vincere, si sentono sicuri, ostentano fermezza. Ma è opportuno per tutti i candidati in gioco fare un attimo di pausa e scendere la piedistallo che si sono eretti da soli: perché mentre continuano a ripetere le solite cose, hanno perso il contatto con chi ci vive, a Crotone.
Chiusi nella loro cerchia, i candidati in queste ore passano ore ed ore a contare. Fanno strategia, fanno calcoli, giocano per assicurarsi quanto più una via d’accesso. Ma al di fuori di questo gioco puramente numerico, si è perso il contatto con l’elettorato: chi ha sostenuto il centro-destra sostiene il centro-sinistra e viceversa, chi si dichiara “di estrema destra” sostiene una lista di “democratici e progressisti”, ed è un tutti contro tutti. Quelli che erano amici ora sono nemici, si fanno la guerra, e non si può mai essere certi che sia tutta realtà o finzione.
Nel mentre i cittadini assistono allo spettacolo indegno con una sola cosa in testa: una città migliore. Più vivibile. Che risolva definitivamente i problemi di sempre. Una cosa che tutti promettono, che tutti garantiscono, che tutti vorrebbero fare. Ma sul come fare è una guerra fratricida. Le promesse di chicchessìa sembrano vane, aria fritta, ma si sa: ccù rà vùcca facìm’ì palàzz.
Ad ogni tornata elettorale ci troviamo, insomma, di fronte allo stesso scenario. Questo 2020 è un po’ un dejavù del 2016, con un ballottaggio quasi certo ed una piccola guerra tra chi spera di entrare nuovamente in consiglio. Ad oggi latitano i programmi elettorali, che verranno redatti con tutta fretta a partire dalla prossima settimana e lanciati in pasto alla rete: prima era prioritario definire la squadra, per le promesse e le illusioni c’è tempo. Solo qualcuno ha abbozzato qualche linea, e speriamo che non gli basti.
E così sarà anche dopo il voto. Ma per adesso, arriviamoci al momento della decisione. Aspettiamo, nella speranza che in questi trenta giorni qualche candidato si distingua concretamente dai suoi concorrenti. Si fermi a guardare negli occhi i suoi concittadini – tutti, di ogni età – per dirgli come pensa di lasciare la città nel 2025. Perché a far parole siamo tutti bravi, ma a prendersi responsabilità non si fa mai vivo nessuno.
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