Continuano a tenersi numerosi tavoli sulla tenuta del sistema imprenditoriale crotonese. Tavoli per discutere dell’impatto del coronavirus, della crisi di liquidità, del danno economico arrecato ad una economia già fragile e malaticcia. Tavoli per comprendere l’entità del danno e cercare “una pezza”.
Di tutti i pareri giusti e corretti affrontati in questi tavoli, in queste riunioni, c’è però una questione che mi fa sorridere: non si discute mai della condizione dei lavoratori. Dei dipendenti, degli impiegati, degli operai, dei tirocinanti. Questi sono un anello inferiore della catena, e subiscono passivamente il disinteresse dei tanti tavoli di discussione.
E allora, in vista di un nuovo incontro-evento, diciamolo chiaramente: quante aziende a Crotone hanno riaperto pur mantenendo i dipendenti in cassintegrazione? Quante aziende stanno costringendo i dipendenti ad una riduzione dei loro diritti contrattuali? Quante aziende hanno privato (da ben prima del covid) i dipendenti di un adeguato contratto lavorativo? Quante aziende campano grazie ai contratti part-time da 3/4 ore, chiedendo poi un impegno full-time, e dunque sui soldi che non corrispondono ai propri impiegati per il lavoro svolto?
E potrei continuare per ore. Affermando che le aziende e gli imprenditori, certi della più totale mancanza di controlli e certi dell’ambiente omertoso che si crea tra gli stessi lavoratori (costretti ad accettare suddette condizioni pur di lavorare), sanno di poter fare la cresta e di poter operare ai margini della legalità.
Sarebbe interessante, dalla parte della Concommercio o della Camera di Commercio, un tavolo in questo senso: quante aziende di quelle che difendiamo sono in regola nei confronti dei propri lavoratori? Perché sentir parlare di legalità, di rispetto delle leggi, di necessità di aiuti economici… fa ridere. Fa veramente molto ridere.
Una mancanza di rispetto nei confronti di chi campa con stipendi che rasentano i 700€, e si deve pure accontentare e stare zitto per evitare ritorsioni.
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