Ieri in Ungheria è successa una cosa che in Europa non era mai accaduta: il primo ministro Viktor Orbàn ha ottenuto “pieni poteri” dal parlamento magiàro, ufficialmente come conseguenza dell’epidemia del coronavirus. Un colpo di stato che riporta alla mente i tempi bui, lontani dal concetto di un’Europa unita e democratica.
Orbàn governa ininterrottamente l’Ungheria dal 2010, sebbene il suo primo governo risalga al 1998. Con la nuova “manovra” potrà continuare a governare fin quando vorrà, senza ricorrere al parlamento. Una scelta “condivisa dal 90% degli ungheresi” secondo l’agenzia Nezopont, e che di fatto apre lo spiraglio ad una nuova dittatura de facto.
A differenza della Bielorussia – governata da Aljaksandr Lukašėnka, considerato notoriamente l’ultimo dittatore d’Europa – l’Ungheria fa parte dell’Unione Europea. Unione Europea che pare non abbia battuto nessun colpo contro la presa autoritaria di Orbàn, e che anzi pare che lo lascerà fare.
Quanto sta accadendo è di una gravità inaudita, anche per via del fatto che lascerà quasi certamente un margine di manovra e di emulazione a tutti gli altri cultori delle democrazie illiberali: se Orbàn può ottenere i pieni poteri, perché non possono fare lo stesso gli altri leader del blocco di Visegràd, o i vari premier ultranazionalisti dei balcani?
L’Europa si è dimostrata fin troppo permissiva con i giochi di potere ungheresi, e sarebbe ora che prendesse una posizione netta e chiara, come l’esclusione dell’Ungheria dall’Unione. Una scelta a questo punto opportuna e concreta, sempre che si voglia difendere la democrazia di cui tanto si parla.
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