Di anno in anno è evidente che sempre più ragazzini escono anche dalle nostre parti a festeggiare halloween, mascherati in modo più o meno elaborato. Tant’è che oggi, dopo una lunga giornata di lavoro, mi era completamente passato di testa che eravamo a ridosso dei morti, e non appena parcheggiato in centro mi sono iniziato a chiedere il perché di tutti quegli incappucciati in giro per le vie della città.
Ad ogni modo, vecchiaia e dimenticanze a parte, è curioso annotare due esclamazioni (o esternazioni) fatte rispettivamente da un ragazzino ed una ragazzina, che non avranno avuto più di 12, 13 anni.
Il primo, intento a raggiungere il comune tutto incappucciato, imbavagliato e armato di uova pronte al lancio, si preoccupava di incrociare sua madre, e chiedeva di cambiare strada ed andare altrove “che si vede mia madre mi fa un bordello!“. Aveva insomma paura di essere scoperto nella sua veste di pseudo-teppista, e più che un eventuale richiamo da parte di uno sconosciuto temeva principalmente di incontrare il sommo genitore, sempre pronto a sganciare una poderosa gniffùla anche in mezzo alla strada.
Spostatomi dal centro al lungomare, ecco un altro gruppetto di ragazzini, una piccola banda di urlatori e casinari senza alcun travestimento o intento provocatorio, che si aggirava bello compatto in direzione lega. Mentre alcuni ragazzini si facevano coraggio fermando alcuni sconosciuti per raccontar loro delle barzellette, una ragazzina, con due lunghe trecce bionde e gli occhiali, era inquieta: voleva andarsene via subito, voleva “raggiungere gli altri“, perché “aveva paura” a fermarsi. Paura di cosa? Dei neri. Letteralmente. Nel tempo di una barzelletta, strillerà più e più volte di volersene andare perché “è pieno di marocchini“, riferendosi a due uomini di colore che stavano passeggiando.
Lo schiaffo del genitore ed il proverbiale “uomo nero” continuano ad essere ben più paurosi di ogni film dell’orrore, di ogni zombie o mostro da effetto speciale. A ragione o a torto, è importante notare come sia concretamente vero un dato di fatto: è il genitore che instilla le paure nel proprio figlio. Volente o nolente.
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