Nel complicato e confuso clima politico nazionale ed internazionale sono tornati in auge termini vecchi, che dovrebbero essere definitivamente superati ed archiviati. Si torna a parlare di “buonismo”, di “fascismo”, di “derive autoritarie”, ed il tutto sembra divertire un pubblico di spettatori, anzi, di follower, sempre meno incline al pensiero politico e dedito all’intrattenimento.

Fa un certo effetto, parlare nuovamente di fascismo. Se non altro perché il fascismo nacque esattamente un secolo fa, tra il 1918 ed il 1919, con la trasformazione di quel movimento dei San Sepolcrini nei Fasci di Combattimento. Un secolo esatto. Forse aveva ragione – anche in questo caso – Karl Marx, quando ci diceva che la storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda volta come farsa. O forse sarà una tragedia anche questa?

Ad ogni modo, quando si parla di fascismo, ci si ricorda sempre di specificare che “se ne parla per non dimenticare”. Sebbene mi pare che i più si siano dimenticati eccome, o che peggio non abbiano mai studiato l’argomento a dovere, mi sembra utile ricordare come nacque il movimento fascista a Crotone, come si diffuse e come attecchì nella popolazione locale.

Sin dalla fine dell’800 la città di Crotone si era dotata di amministrazioni socialdemocratiche. Carlo Turano si fece promotore di numerose opere di ammodernamento della città, una su tutte il porto, e guidò l’amministrazione per oltre otto anni. La figura di Turano era molto apprezzata a livello popolare, ma le cose iniziarono a cambiare con l’inizio del biennio rosso: nel 1919 la città di Crotone venne “occupata” da un grande sciopero popolare, dove i cittadini protestavano per i prezzi troppo alti imposti ai generi alimentari dal governo. Si ricorda il fatto come i moti dei carovivieri.

L’anno successivo, nel 1920, alle elezioni cittadine vinse Enrico Mastracchi, socialista. Di certo riuscì a sfruttrare il calo di popolarità del suo avversario, ma cavalcò anche l’onda di malcontento a seguito dell’emanazione del Decreto Visocchi, trovando l’appoggio di contadini e proprietari terrieri. Mentre nel resto d’Italia l’ideologia fascista si diffondeva rapidamente, a Crotone questa arrivò con notevole ritardo, in quanto erano le ideologie socialiste (oggi diremmo “di sinistra”) a predominare sulla popolazione.

Ma il 28 Ottobre 1922 avvenne la marcia su Roma. Fino ad allora, il fascismo a Crotone era un movimento marginale, che riguardava appena qualche decina di persone. Pare che i simpatizzanti fascisti della prima ora si riunissero in segreto, nelle loro abitazioni, e fossero soliti ritrovarsi al Gran Caffè Tripoli o presso l’officina di un certo Pietro Liguori, dove svolgevano delle riunioni. Ma fino al 1922, fatto salvo qualche proclamo e qualche animata discussione – dove si arrivava anche alle mani – l’attività dei fascisti era pressoché nulla.

Si affacciavano su Piazza Pitagora

Ma in quel 1922 le cose cambiarono drasticamente. A livello nazionale il movimento fascista trovava sempre più simpatizzanti, ed i principali organi di governo e di amministrazione non facevano mistero della loro simpatia verso quel nuovo movimento politico. Quelle simpatie però divennero ben presto un vero e prorio accanimento: tra il 1921 ed il 1926 le varie prefetture sciolsero ben 1768 comuni in tutta Italia. Il motivo? Erano comuni amministrati “dalla sinistra” (Socialisti, Comunisti, Moderati) o comunque non allineati al PNF. L’intento era chiaro: sostituire i sindaci eletti da figure vicine al movimento fascista. Fu il primo atto di forza del fascismo in Italia: la delegittimazione.

Anche Crotone venne colpita da questa epurazione. Mastracchi, fervente socialista, venne accusato dal Prefetto di Catanzaro, Ettore Porro, di aver fomentato la popolazione alla partecipazione di uno sciopero non autorizzato, avvenuto a Crotone dall’1 al 3 Agosto del 1922. Lo sciopero provocò il blocco della stazione ferroviaria di Cotrone, e con questa motivazione venne sciolto “con effetto immediato” il consiglio comunale. Venne così insediato un commissario, Arturo Lentini, simpatizzante fascista, che successivamente cedette il posto al primo sindaco fascista della città: Giuseppe Morelli.

Questo vero e proprio atto di forza legittimò i fascisti crotonesi, che iniziarono così ad organizzare manifestazioni pubbliche ed eventi. Avvenne tutto nell’arco di un anno, anzi, nell’arco di qualche mese: dall’Agosto al Novembre del 1922. Le opposizioni – all’epoca erano chiamati sovversivi – non restarono a guardare, ed in tutta Italia si moltiplicarono gli scontri. La città non era esente dalle sassaiole, tant’é che nel romanzo Tonna, ambientanto proprio in quegli anni, si legge:

E poi – questa è la ragione principale pur se non confessata – Tonna spera sempre, con la sua presenza, con un gesto, con una preghiera e, s’intende, con l’aiuto della Madonna, di allontanare Giustino dai guai del Socialismo, in cui s’è cacciato. Il cuore le ripete che, a lungo andare accadrà chi sa che cosa.

Nell’Agosto, mentre i Socialisti erano riuniti per concretare l’adesione allo sciopero generale, quei giovani – ora li chiamavano fascisti -, al canto del loro inno, assalirono la Camera del Lavoro, decisi a stroncare le forze avversarie, pure tanto più numerose.

Avvenne un tafferuglio e partì qualche colpo di pistola. Rimase ucciso uno dei giovani fascisti. Tra i fermati ci fu Giustino.

Il giovane fascista morto non fu l’unico. Le sparatorie per motivi politici in quegli anni erano piuttosto frequenti, ed in genere si svolgevano sempre allo stesso modo: dopo la sparatoria, gli assassini si rifugiavano nei vicoli del centro storico, dove erano sicuri di riuscire a far perdere le proprie tracce. Non sappiamo quanti vennero sparati, accoltellati o semplicemente “mazzuliati” in quel periodo, ma possiamo quantficarli almeno in una dozzina di persone. Molti colpi, sparati a bruciapelo in tutta fretta, non provocavano la morte dei bersagli. Tra i miracolati troviamo Orazio Laino, assessore della prosciolta giunta Mastracchi al quale era stata promessa la morte: gli venne teso un’agguato il 6 Ottobre 1922 da alcuni giovani fascisti, ma non riuscirono ad ucciderlo.

L’Ordine del Comitato Segreto

L’episodio più grave però avvenne l’1 Novembre del 1922. Nel corso di un comune scontro verbale tra un gruppo di giovani fascisti e giovani comunisti, si arrivò ben presto alle mani, poi alle bastonate ed infine alle pistolettate. La rissa si concluse con il ferimento di una guardia, Astorelli Umberto, colpito di striscio. Sembrava tutto finito, quando il gruppo dei giovani comunisti tornò sul posto (Piazza Raffaele Lucente, oggi Piazza Pitagora) e aprì il fuoco. Spararono ad altezza uomo, e riuscirono a colpire ed uccidere solo una persona: Antonio Cosentino, fascista della prima ora.

La morte di Cosentinò balzò alle cronache nazionali, e divenne motivo di propaganda in tutto il paese. Divenne un simbolo, il martire caduto per la rivoluzione fascista. Preso atto dell’accaduto, numerosi gruppi fascisti dei centri vicini iniziarono a confluire a Cotrone ed occuparono con la forza la Camera del Lavoro. Nel frattempo, vennero riconosciuti gli assalitori, e nottetempo venne emanato per loro un “ordine di esilio”: dovevano abbandonare la città, altrimenti sarebbero stati uccisi. L’ordine epurativo venne ampiamente contestato, sopratutto dalla stampa nazionale, e venne ritirato dopo appena 16 giorni. Tuttavia diversi accusati abbandonarono la città e non vi fecero più ritorno.

Nel frattempo, le città si riempirono di tricolori enormi. Striscioni, stendardi, scritte inneggianti al Duce, “Dux”, “Rex”. Non tutti capivano (così come raccontato sempre in Tonna), ma dovettero adeguarsi. Si proponeva un modello monolitico di “ordine e disciplina”, e furono in molti ad appoggiare l’idea di un nuovo modello di sviluppo. Michele Bianchi, al quale era dedicata Via Mario Nicoletta, soleva ripetere che “Il Duce risolleverà le sorti del mezzogiorno, perché i passati governi subirono le pressioni del settentrione, ed il mezzogiorno fu sacrificato“.

Un po’ con atti intimidatori (avvisi epurativi, minacce, vetrine rotte a sassate), un po’ con atti di forza (occupazione dei circoli, espropriazione dei luoghi di ritrovo, chiusura di sedi “avversarie”), ed un po’ con il sincero convincimento della popolazione in un futuro migliore, il fascismo prese il sopravvento. Alle elezioni del 1924 nel colleggio della Calabria (all’epoca venne accorpata alla Basilicata) il PNF prese il 76,5%. Un plebiscito. In tutta Italia prese il 64% dei voti, e andò definitivamente al governo. Più di qualcuno parlò di costrizioni, di farse, di brogli elettorali: ma ogni voce venne messa a tacere con l’omicidio di Giacomo Matteotti.

Le elezioni si svolsero il 6 Aprile. A distanza di poco più di un mese, il 24 Maggio 1924, durante un consiglio comunale “i consiglieri vivamente plaudendo, sorgono in piedi”: venne consegnata “per acclamazione e con voti unanimi” la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini. Si legge nella delibera:

Aggiunge il sindaco che sarebbe vano e superfluo ciò che la Nazione deve a Benito Mussolini, a Colui che, in nome di un Partito che ha affasciato le più virili e patriottiche energie nazionali, ha tolto l’Italia dal limite del baratro, ove fatalmente pareva dovesse cadere, ad opera di implacabili nemici di ogni sentimento di Patria. Non vi è cittadino onesto e cosciente che non debba ciò riconoscere, tanto più deve riconoscerlo la Calabria, questa derelitta regione, che, finora negletta è considerata come un fardello per la Nazione, ha oggi ritrovato nel Duce il riconoscimento dei propri diritti, il riconoscimento pieno di ciò che questa terra può dare in contributo per la grande Italia.

Oggi, nel 2018, Benito Mussolini è ancora cittadino onorario di Crotone? Non è chiaro, ma pare che la delibera non sia mai stata ritirata. Verificherò.

Da questo momento, il destino dell’Italia, della Calabria e di Crotone è legato indissolubilmente al fascismo, almeno per il ventennio successivo. Dopo Morelli, primo sindaco del PNF, venne eletto il primo Podestà, Ottavio Graziani. Si susseguirono anni di scandali, di dimissioni, di sostituzioni… nulla da invidiare alla politica moderna, se non fosse per le diverse persecuzioni registrate anche in città. Furono anche anni di sviluppo industriale, con la costruzione di ferrovie, strade e industrie. La città venne ingrandita con le prime grandi lottizzazioni fuori le mura, e con la scusa delle grandi opere il mito del fascismo tenne, almeno nei primi anni.

Gli scontri e le lotte cessarono completamente a seguito delle elezioni del 1924, anche perché gli esponenti del PNF godevano della protezione delle forze armate. Ogni azione avversa nei confronti degli esponenti del PNF veniva soppressa, e i sovversivi venivano rinchiusi in carcere o nelle torri del Castello. Molti oppositori politici crotonesi lasciarono la città, trovando “rifugio” a Roma o all’estero. Molti visitarono la nascente Unione Sovietica, e tornarono a gambe levate, mentre altri vi si stabilirono, e tornarono solo a guerra finita.

Non sappiamo quanti aderenti avesse, il PNF a Crotone. Sappiamo solo che, a seguito della svolta autoritaria (le famigerate elezioni del 1929), tutti i cittadini erano costretti ad essere iscritti al PNF per poter usufruire di alcuni servizi essenziali. Dal 1933 divenne obbligatoria l’iscrizione per partecipare ai concorsi. Dal 1937 divenne obbligatoria l’adesione chi ricopriva incarichi pubblici. Dal 1938 divenne obbligatoria per chiunque lavorasse, pubblico o privato. Bisognava essere iscritti, per forza. E bisognava partecipare agli eventi, per forza.

Il 30 Marzo 1939, Mussolini passò da Crotone, e simbolicamente avviò i lavori per la costruzione di diverse case popolari. A memoria del suo passggio, venne realizzata la famosa “Piazza del Legionario” che spesso si vede nelle foto d’epoca. In quell’occasione, Mussolini dichiarò una frase ancora oggi ricordata:

A Crotone, il Duce dà inizio alla costruzione di un lotto di case popolari; e nella piazza della laboriosa città parla alla popolazione per annunziarle che dopo la sua visita «la Calabria dovrà fare un poderoso passo innanzi. E lo farà!»

Ma quel passo in avanti non ci fu, ne con Mussolini né dopo di lui. Anzi, il fascismo fu la causa principale della seconda ondata di emigrazione dal meridione, che portò via dalle regioni del Sud milioni di persone. Una condizione grave, che ancora oggi paghiamo.

Il fascismo si impose, nel suo piccolo, anche a Crotone. Molti lo seguirono sinceramente, lo appoggiarono, lo propagandarono. Molti lo ripudiarono, lo avversarono, lo schernirono. Più di qualcuno ci lasciò la pelle, da entrambe le parti. Quel che appare evidente, aldilà del dibattito politico, e la volatilità di una popolazione che abbraccia, nella speranza di una condizione migliore, qualunque cosa le capiti.

Provata la fame, le bombe ed i morti – anche avversari – la città accolse a braccia aperte l’avvento degli americani, ora alleati, senza opporre alcuna resistenza. Il fascismo tornò ad essere una cosa marginale, alla quale si dedicavano in pochi. Nessuno ci credeva più, e nessuno si spinse a difendere la causa fascista.

Tutto finì, cosi come era iniziato: un po’ per caso, un po’ per indifferenza, un po’ per l’aspettativa di una vita migliore. Il fascismo venne dimenticato, messo nel cassetto, progressivamente scomposto e nascosto. Da “città nera” Crotone divenne “città rossa”, dando il suo più totale appoggio, per diversi decenni, alle cause della sinistra.

Tutto passò. Tutto finì. Ed oggi? Staremo a vedere. Intanto, è nostro dovere ricordare ciò che è già stato.

Una risposta a “Rossi e neri: scontri e morti politici nella Crotone delle ideologie”

  1. […] Morace fù un fascista della prima ora. Attivo fin dai primi moti cittadini, fù tra i promotori dell’assegnazione della cittadinanza onoraria a Mussolini, e ricoprì […]

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