Di prima mattina nel 1930

Dite la verità: per anni, entrando al Bar Noce, avete visto quell’enorme foto a colori dei “vecchi lidi” a palafitta. Vi siete chiesti il perché, di quelle strutture, e siete rimasti affascinati dal particolare aspetto che aveva il lungomare in passato.

Non siete i soli, ed è arrivato il momento di saziare questa curiosità che nemmeno i più anziani riescono a spiegarci. E per capire il perché si arrivò a costruire queste articolate strutture sul mare, bisogna partire un po’ da lontano, e riscoprire quella che fu la “nascita” delle vacanze al mare.

Non sappiamo con certezza da quanto tempo l’essere umano “vada a mare”. Sappiamo per certo che l’uomo ha utilizzato il grande blu come una sorta di infrastruttura sin dalla notte dei tempi, e la storia del mondo è ricca di racconti marinareschi antichi di millenni. Tuttavia, il mare non è mai stato indicato come un posto dove andare a farsi il bagno, men che meno dove trascorrere il periodo estivo. Basti pensare che in Calabria, generalmente, la spiaggia veniva usata come pascolo per le capre.

Storicamente, pare siano stati gli Inglesi ad avviare l’usanza di trascorrere un periodo estivo a mare, a cavallo tra il ‘700 e l’800. Per via delle sempre più diffuse teorie sui benefici dell’aria di mare, si sviluppò un vero e proprio via vai di bagnanti in cerca di rimedi per le più svariate malattie. E per accogliere tutte queste persone in cerca di rimedi, nacquero appositi lidi, bagni e stabilimenti.

Le “baracche balneari” della Marina

Da allora l’uso di andare a mare si diffuse un po’ in tutta Europa, Italia compresa. Se nel ‘700 erano i nobili a farsi costruire delle “case di villeggiatura” nei pressi del bagnasciuga – Via Verdogne inizialmente ospitava le case delle famiglie benestanti che abitavano nel centro storico, che in estate si trasferivano “al mare” per qualche mese – a partire dalla prima metà dell’800 si diffusero sempre più “bagni”, dapprima nei grandi centri per poi raggiungere anche le zone più periferiche.

Se si cerca negli archivi fotografici di una qualunque città di mare, si scoprirà con stupore che queste palafitte erano diffuse ovunque. Da Napoli a Bari, da Gela ad Ostia, da Crotone a Reggio Calabria: ogni città di mare si dotò di almeno un “bagno”, così come si chiamavano all’epoca.

Ma perché si costruivano a mò di palafitta? Qualcuno in passato sostenne che venivano costruite in mare in modo da lasciare la spiaggia libera, ma non è così: all’epoca non si parlava ancora dei “benefici” della tintarella e dell’abbronzatura, anzi, in spiaggia si andava vestiti. Mostrarsi svestiti, o peggio ancora nudi, era una cosa impensabile all’epoca, quando ancora mogli e mariti, pur trascorrendo una vita insieme, non conoscevano i rispettivi corpi (e spesso non dormivano neppure nello stesso letto).

A mare vestiti, negli anni ’40

Le palafitte in mare nacquero proprio dalla necessità di garantire quella che oggi chiameremmo privacy, e per permettere di “godere dei benefici del mare” in totale discrezione. In questo modo, ogni donna o uomo poteva raggiungere la palafitta completamente vestito, per poi spogliarsi all’interno di una cabina senza essere visto.

Queste palafitte, dette anche “baracche”, erano infatti tutte uguali: tramite una passerella in legno si arrivava all’interno della struttura, dove tramite un corridoio si raggiungeva la propria cabina. Non c’era spazio per sedie, sdraio o altro, ma solo lo spazio per una persona, il minimo indispensabile per permettere di spogliarsi e di rivestirsi. All’interno della cabina si trovava una botola sul pavimento, che una volta aperta permetteva di immergersi in totale discrezione.

Anche i bambini si “curavano” a mare

Alcuni bagni, oltre alle cabine per immergersi, disponevano anche di alcune cabine dotate di finestra o di balconcino. Queste servivano per coloro i quali non amavano farsi il bagno, ma non rinunciavano ad una salutare boccata d’aria di mare. Insomma, cose di altri tempi, che caratterizzarono il litorale cittadino per circa un cinquantennio, fin quando i costumi da bagno iniziarono a circolare senza troppi problemi.

Generalmente, i bagni venivano costruiti dopo la Festa della Madonna, per poi essere smontati verso metà Settembre. Fatti interamente in legno, erano dipinti con colori accesi e brillanti, delle volte adornati con dipinti a tema marino. Alcuni bagni storici resistettero al mutamento, e si trasformarono in lidi balneari tutt’oggi esistenti (come il lido Ondina ed il Tricoli). Degli altri, invece, si è persa la memoria. Unica eccezzione, il Gambero Rosso, che negli anni ’60 venne costruito a mò di palafitta anche per ricordare lo stile di quei lidi.

La marina sul finire degli anni ’50

Successivamente, a seguito della fine della guerra, iniziò un periodo di profondi cambiamenti sociali. Quel timore delle nudità cadde progressivamente, e l’andare a mare in slip non fu più visto come una cosa rozza e barbara. Si crearono nuovi costumi, nuovi stili, e pian piano l’idea di andare a mare vestiti divenne semplicemente assurda.

Le palafitte resistettero comunque fino ai primi anni ’60, riducendosi di stagione in stagione. Nel frattempo era nato anche il mito dell’abbronzatura, e le cabine si trasferirono progressivamente dal mare sulla sabbia. Da quel momento nacquero i lidi balneari per come li conosciamo oggi, dato che nessuno voleva più trascorrere una giornata di mare chiuso in una stretta cabina.

Niente più palafitte dagli anni ’60

Sempre negli anni ’60 si definì l’attuale conformazione del lungomare cittadino. Molti bagni si trasformarono in lidi, ed anziché costruire le baracche in mare iniziarono a costruirle sulla sabbia. Nacquero così le prime strutture in cemento, i primi bar e locali, alcuni dei quali iniziarono ad essere fissi, aprendo anche fuori stagione. Da li a qualche anno arriveranno anche gli importanti lavori di messa in sicurezza del litorale, con la realizzazione di numerose scogliere che cambieranno ulteriormente il panorama cittadino.

Insomma, le “palafitte” esistevano perché una volta ci si vergognava del proprio corpo. Un senso di pudore incomprensibile ai giorni nostri, ma che in passato era un rigido obbligo sociale. Non è tuttavia da escludere che più di qualcuno andasse a mare beatamente nudo, specialmente le fasce più povere della popolazione, ma di questo non abbiamo menzione.

L’attuale generazione di anziani non può ricordarsi – tranne in rari casi – di queste strutture, che appartengono oramai ad un passato recente quanto remoto, essendosene perse la memoria diretta. Fortunatamente ci sono le foto, con le quali riusciamo a riscoprire un passato altrimenti perduto, e ci sono libri e lettere, che ci spiegano elucubrazioni e pensieri dei nostri bis-bis nonni.

E dopo tutto questo, sono certo di almeno due cose: che v’è venuta voglia di un bel bagno a mare con il vostro costume bello comodo, e che v’è venuta voglia di passare dal Bar Noce, anche solo per rivedere quella grande foto colorata, che ora potrete guardare con occhi diversi.

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