Montecatini sotto assedio nel 1941 (©IWM)

Qualche giorno fa la pagina Cannibali e Re ha pubblicato una storia interessante che ci riguarda direttamente: “Oltre l’odio imposto dalla guerra: quando la città di Crotone pianse la morte di tre giovani piloti inglesi che la stavano bombardando fino a pochi giorni prima”.

È uno dei tanti spaccati che ci offre lo studio del secondo conflitto mondiale, e rappresenta un buon punto di partenza per riprendere questa storia ed affrontarla un po’ più nel dettaglio. Daltronde, il testo di riferimento (“Crotone: dal fascismo alla repubblica” di Salvatore Rongone, 1997) pur essendo molto dettagliato manca di molti nuovi dettagli emersi nel corso degli anni, e pubblicati in successive ricerche storiche (si pensi a “KR 40-43” di Giulio Grilletta, 2004).

Approfondiamo dunque il già completo post, e riscopriamo una piccola parte di quel triste conflitto che ci ha interessato direttamente dal 1940 al 1943, quando gli Inglesi bombardavano regolarmente dal Golfo di Taranto in giù.

I bombardamenti su Crotone iniziarono nel tardo 1940. Gli obiettivi principali erano ovviamente gli stabilimenti chimici di Montecatini e Pertusola Sud, che producevano in quegli anni composti necessari al munizionamento del Regio Esercito (nello specifico, acido nitrico, punto di partenza per numerosi sottocomposti necessari per realizzare bombe, siluri e munizionamenti), ma altro importante bersaglio erano i porti. All’epoca Taranto e Crotone vantavano i porti più importanti dello Jonio, dei veri e propri punti strategici.

Gli Inglesi, avendo base fissa sull’isola di Malta, erano già attivi sulle coste del Mediterraneo dove contrastavano l’invasione italiana in Egitto nel più ampio contesto della Campagna del Nordafrica. Capirono l’importanza di quei porti, che rifornivano sia di militari che di scorte, e la decisione non si fece attendere: iniziò l’offensiva. Più volte infatti il porto di Crotone fù oggetto di bombardamenti aerei, che causarono diverse perdite e moltissimi danni.

L’estate del 1941 fù particolarmente movimentata, in quanto gli stabilimenti industriali della “Società Ammonia e Derivati” vennero inclusi definitivamente nella “lista dei nemici” dell’esercito Inglese, che vedeva in quelle strutture una “munition factory“. Per tutto il mese di Agosto si susseguirono numerosi scontri lungo tutta la costa dei saraceni, da Capo Piccolo a Punta Alice, con i bombardieri inglesi, degli efficenti Bristol Blenheim, che facevano avanti e indietro da Malta. La contraerei era già piazzata sul territorio, ma non sempre riusciva ad essere efficace, tanto che una mezza dozzina di attacchi andò quasi perfettamente a segno.

Nonostante le bombe, la quotidianità non si era fermata. Le fabbriche erano piene così come i campi, e i cittadini giravano liberamente per strada, in continua allerta per l’eventuale suono della sirena d’allarme. Dal comando di Catanzaro partivano i bollettini, ed in tempo reale si poteva far suonare l’allarme per permettere ai cittadini di rincasare, di mettersi al riparo. Anche per questo motivo, fino ad allora non vi furono vittime.

Una grossa sirena antiaerea

Ma il 1° Settembre 1941 le cose andarono diversamente. L’allarme cittadino non funzionò, e nonostante il messaggio di allerta partito puntualmente da Catanzaro (alle 13:35) non suonò alcuna sirena. Il motivo del malfunzionamento, riscontrato dal generale Basilio Fiore il giorno dopo, è un boccone amaro: le sirene d’allarme non ricevevano più corrente elettrica. Non si riuscì per tanto ad allertare tutta la popolazione, e i quattro bombardieri del 105° Squadron della RAF misero a segno ben 13 bombe e spararono centinaia di proiettili di artiglieria, colpendo fabbriche e porto, e causando la morte di altrettante persone.

Nel dettaglio, le vittime furono: Anania Maria; Buccarelli Emilio; Geremicca Renato; Gualtieri Alfonso; Le Rose Francesco; Le Rose Francesco; Liperoti Rosario; Materna Felice; Papaleo Antonio; Piroso Antonio; Russo Francesco; Todaro Raffaele; Vozza Salvatore. La maggior parte di loro morì sul colpo, alcuni in ospedale.

I funerali si tennero il giorno seguente presso il Duomo, al grido unanime della piazza: “Dio stramaledica gli inglesi“, ripreso da un celebre conduttore radiofonico dell’epoca, Mario Appelius. Quel giorno veniva ricordato come “il giorno dei martiri“, ma oggi non se ne trova più memoria. I testimoni parlarono di enormi fiammate gialle e arancioni, alte decine e decine di metri.

Dopo appena un paio di giorni, i bombardieri inglesi erano nuovamente pronti per l’offensiva. Il 4 Settembre 1941 partirono nuovamente alla volta di Crotone ben cinque bombardieri, che si ridussero ben presto a quattro a causa del malore di uno dei piloti. Questa volta il sistema di allarme funzionò perfettamente, e permise alla contraerei di giocare d’anticipo. I Blenheim vennero avvistati a circa 3km di distanza, e l’allarme suonò alle 16:35.

Equipaggio di un Bristol Blenheim, 1941

L’attacco inglese andò comunque a segno: riuscirono a sganciare 8 bombe, colpendo tre diverse imbarcazioni ormeggiate nel Porto Nuovo, senza provocare vittime. Dei quattro aerei nemici, uno venne ripetutamente colpito dai colpi di artiglieria, e probabilmente da un proiettile della contraerea. Perse quota fino a schiantarsi nelle acque del porto, nei pressi del Molo Giunti. Gli altri tre aerei riuscirono a scampare al fuoco, pur riportando dei modesti danni, e fecero ritorno a Malta.

Il velivolo venne recuperato, e con esso i cadaveri del suo equipaggio. I rottami vennero prima esposti su Molo Giunti, dove vennero estratti i corpi dell’equipaggio, e poi portati in Piazza dell’Immacolata, nel centro storico. Li l’aereo venne esposto come un trofeo alla popolazione, per farla rincuorare, specialmente dopo il recente lutto cittadino. I corpi dei tre membri dell’equipaggio invece vennero portati all’ospedale civile, dove furono riconosciuti “alla buona” grazie alle piastrine. La città di Crotone, in appena quattro giorni, si era trovata a metabolizzare ben 16 morti. La reazione di fronte ai tre militari inglesi non fù di rabbia o di frustrazione: ricevettero anche loro un funerale, e vennero sepolti nel cimitero cittadino.

Oggi, ovviamente, sappiamo qualcosa in più. I tre militari inglesi erano: Lewis Desmond Parry, 22 anni da Grays, osservatore; John Emrys Jones, 27 anni da Blackpool, mitragliere; Walter Harry Wallace, 24 anni da Greenford, pilota. Appartenevano tutti al 107° Squadron della RAF, e vennero mandati a morire poco più che ragazzi ad oltre 3000 chilometri da casa. Riposarono nel cimitero di Crotone fino al 1945, quando gli alleati li prelevarono per spostarli nel cimitero di guerra di Salerno.

Da li in poi, la città subì ulteriori bombardamenti, almeno fino al termine del 1943, che furono tra i bombardamenti più distruttivi. L’appoggio al regime fascista andava via via scemando, nonostante i bollettini e le comunicazioni ufficiali. Gli stabilimenti industriali vennero attaccati in più occasioni, così come il porto ed alcune aree cittadine. Ma questa è un’altra storia. Uno dei sergenti che partecipò all’incursione del 1° Settembre, Anthony Mee, lasciò un dettagliato ricordo di quanto avvenuto decine di anni orsono, ripreso sulle pagine de Il Crotonese del 5/6 settembre 2006 in articolo di Giulio Grilletta. Ogni tanto, degli ordigni inesplosi saltano fuori ancora oggi.

Si conclude così questo “breve” approfondimento sulla pietas dei crotonesi nei confronti dei tre piloti inglesi. La guerra andò avanti, ed i suoi effetti ebbero ripercussioni gravi anche negli anni successivi, quando i danni materiali si sommarono a quelli provocati dal regime fascista. Oggi la guerra è un ricordo lontano, e molti anziani già ne parlano come un racconto, per sentito dire.

Eppure ci fù un tempo, a Crotone, dove piovevano le bombe. E dove nonostante tutto si riusciva a capire, anche solo per un attimo, il dramma della morte aldilà dell’uniforme.

Una risposta a “1941: martiri e pietas di una Crotone in guerra”

  1. […] sconfitti caduti in terra nemica, lontani da casa. Una vera e propria pietas, che a Crotone rivedremo anche nel corso della seconda guerra mondiale. I militari austro-ungheresi prigionieri vennero spediti nel Sud Italia e nelle isole, dove […]

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