Bene, tutto il mondo sta parlando del mostro del momento, Weinstein. Polemizzando, potremmo parlare del ben noto segreto di pulcinella: le ripercussioni sessuali sono all’ordine del giorno nel mondo dello spettacolo, e sono innumerevoli le attrici che hanno denunciato, dopo anni e anni, le violenze subite, spesso senza fare neanche nomi. Oggi tutte quelle denunce sono catalizzate nella figura di Weinstein, che è diventato “l’orco” di Hollywood ed un perfetto capro espiatorio.
In Italia la notizia ha fatto particolarmente scalpore per via del coinvolgimento di Asia Argento, che avrebbe ammesso di essere stata “violentata” in più occasioni da Weinstein. Si parla di episodi risalenti al 1996, quando l’attrice era poco più che ventenne, e che hanno fatto nascere una rumorosa polemica: perché non sono stati denunciati prima? Aldilà delle possibili motivazioni che hanno indotto numerose attrici a tacere per tutti questi anni, si traccia una “linea comune” per tutte: Weinstein era il terzo uomo più potente di Hollywood, e parlare sarebbe stato controproducente.
A questo punto, dovremmo iniziare un discorso serio, senza scadere nel volgare tono di alcuni “giornali”: in questi casi si può parlare di stupro o di violenza? Io ritengo di no. Aldilà della perversione del soggetto, c’è da dire che i rapporti sessuali, pur non consensuali, sono stati consumati per un fine, e sono stati accettati passivamente come triste “prassi”. Un passaggio dovuto, sbagliato e ingiustificabile, che tuttavia era accettato dalle stesse vittime.
Dovremmo iniziare a distinguere la violenza sessuale di tipo fisico – appunto gli stupri, atti eseguiti con la forza – da quella di tipo psicologico – dove il rapporto è stato “imposto” come un passaggio obbligato – come in questo caso. Tuttavia, dovremmo iniziare a pensare anche un’altra cosa: esistono anche i rapporti sessuali finalizzati, ossia espletati per ottenere qualcosa. Non è un tabù, ed è una pratica che riguarda tanto gli uomini quanto le donne. In questo caso, hanno accettato l’atto sessuale per non vedersi rifiutare un ruolo o una parte in questo o quel film: potremmo definirlo un do-ut-des.
Nessuno infatti ha impedito alle giovani attrici di rifiutarsi, che tuttavia hanno subito la violenza psicologica del personaggio, che in quel momento aveva il potere di interrompere – realmente – una carriera. Ma è un gioco di pesi, e non possiamo ergerci da nessuna delle due parti: quel che è certo è che dovremmo chiarire se si è trattato di un abuso o se si è trattato di un’accettazione, perché le due cose non vanno necessariamente di pari passo.
La giornalista Guia Soncini, in un suo tweet ripreso dalla stessa Asia, ha sintetizzato bene quello che penso: “Sogno un pezzo su Weinstein d’una sola riga: quello sarà un vecchio porco, ma voi gliela tiravate con la fionda, finché pensavate servisse“. All’Argento non è piaciuto, ma è una considerazione fin troppo concreta, dato che sono state le stesse vittime ad ammettere di non aver mai denunciato per non “perdere il posto”. Per questo motivo dovremmo iniziare a non vedere più unicamente le cose come rapporto “consenziente” e “non consenziente”, perché esistono anche dei rapporti non consenzienti che si consumano ugualmente (e viceversa).
Concludo dicendo che, a parer mio, il problema di fondo è che ancora oggi ci rifiutiamo di vedere il sesso come merce di scambio.
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