Oggi è scoppiata una vera e propria polemica a Noli, un piccolo paesino del Savonese. Si voleva dedicare una targa a Giuseppina Ghersi, ragazzina di 13 anni uccisa dai partigiani il 27 Aprile del 1945. A condannarla, il fatto di essere in possesso di una lettera di Mussolini. Per inciso, non è la stessa ragazza mostrata in alcuni manifesti appesi per Crotone da Forza Nuova lo scorso 25 Aprile, come erroneamente si sta dicendo in giro (quella si riferisce all’eccidio di Codevigo).

Ad essere incredibile, in questa vicenda, è l’assurda posizione dell’ANPI, che si è pubblicamente opposto alla targa perché quella ragazzina era pursempre una fascista. Parliamo di una giovane di appena tredici anni: non si può imputare ad una persona così giovane una qualunque appartenenza ideologica tale da giustificarne l’uccisione. Non si può.

L’ANPI è ormai da tempo in uno stato di pietosa decadenza (sia sul piano storico sia sul piano politico, dove è – erroneamente – sempre più presente). La necessità ideologica di classificare anche i ragazzini è un fatto preoccupante, che non può essere giustificato. Nessuno mette in dubbio l’utilità dei partigiani nella liberazione, né eventi del genere si possono permettere di screditare l’impegno ed il sacrificio. Ma, allo stesso modo, non bastano tutti i meriti dei partigiani a giustificare una tale presa di posizione.

C’è un solo modo per definire l’ANPI, in certi casi: idioti. Idioti puri, ma non ingenui, dato che sono mossi da un frontalismo odioso e becero, degno del nemico che hanno sempre combattuto.

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