“A màfia è chira ca cumànna sempi, e solo idda poti jiri avanti“, dice una nota canzone che celebrava l’omicidio di Carlo Alberto della Chiesa. Era il 1982, ed erano ancora lontani gli anni delle bombe, ma la strada sembrava già tracciata. Lo stesso copione si ripetè più e più volte, tra perfetti sconosciuti e manovalanza criminale, finché, nel 1992, non arrivò la svolta. Iniziarono le “morti eccellenti”, e da li le bombe in mezza Italia.
Ero appena nato, quando uccisero Falcone, ed avevo pochi mesi alla morte di Borsellino. Non ebbi modo di conoscere questi due signori, che mi si ripresentavano puntualmente, di anno in anno, in ogni testo scolastico. Li ho studiati, li ho letti, per certi versi li ho capiti. E pur non avendo vissuto la loro scia emotiva, ne ho compreso il genio, la lungimiranza, e sopratutto la vera volontà di cambiarla, quella Sicilia e tutto quel Sud.
Ma vennero ammazzati. Uccisi come tanti altri, solo in modo più plateale: la morte è una sola, ma pochi possono fregiarsi della simbolica cifra di “500 kg di esplosivo”. Per i criminali comuni si usa il minimo indispensabile. Ma in questi casi si deve dare un segnale. Alle persone, alla popolazione locale, alle autorità, allo stato: ne abbiamo talmente tanto che possiamo farvi saltare in aria a tutti.
Falcone e Borsellino volevano sconfiggere la mafia. Ma hanno fallito. Miseramente: non perché non si sono impegnati abbastanza, ma perché i loro sforzi sono stati vani. Almeno per ora. La cultura mafiosa, criminale, continua ad essere ancora ben radicata al Sud, e viene gradualmente ceduta da padre in figlio, da madre in figlia. Mentre scoprivano gli affari della masso-mafia trapanese, il mondo criminale si mosse per adeguarsi a quello che divenne l’intreccio chiave della mafia, ossia i collegamenti non tanto con il potere, ma con le grandi fonti di denaro. E spesso, le due cose viaggiano insieme.
Chi ha ucciso Falcone? Chi ha ucciso Borsellino? E sopratutto, perché li hanno uccisi? Sarà stata la mafia, cosa nostra? Sarà stato “lo stato”? Servizi segreti deviati? Servitori infedeli? Non si capisce. Borsellino si disse “tradito da un amico” poco prima di morire, e forse le conversazioni segrete con Mutolo gli fecero capire il gioco. O forse fù la sua visita al Viminale? Era un gioco molto più grande di quel che pensava, ma chi stava giocando?
Non lo sapremo mai, probabilmente. Come non sapremo mai perché quei mozziconi di sigaretta non vennero mai presi in considerazione. Come non sapremo mai perché quella confessione di Spatuzza, rilasciata nel 1998, venne fuori solo nel 2013 (per errore). E chissà quante altre cose, non sapremo mai.
Quel che sappiamo è che lo Stato Italiano ha creduto alla Procura di Caltanissetta, che ha perpetrato il più vergognoso ed infame crimine: il depistaggio. Per decenni diverse persone, innocenti, sono state costrette al carcere per via dell’insistenza con cui la procura avallò le false piste, probabilmente in modo totalmente volontario. Ed oggi, arrivati al processo Borsellino Quater, sappiamo solo che fino ad oggi ci siamo sbagliati. Il problema è che lo si sapeva da almeno 15 anni.
Oggi leggeremo e sentiremo ovunque di quanto erano importanti questi due, Falcone e Borsellino. Foto profilo, articoli celebrativi e, dati alla mano, il “regredimento della società criminale”. Balle. Puttanate. Pipponi che vi faranno dimenticare che i giudici e i magistrati che hanno depistato le indagini sono ancora liberi, impuniti, ed alcuni operano ancora oggi. Belle parole, emotive e condivisibili, che alleggeriranno il peso di due persone morte invano.
Perché ad oggi, è impossibile celebrare la loro morte. La si può commemorare, ma non celebrare: la criminalità in Italia non è scomparsa, è vivissima, fortissima, e continua a comandare alle spalle dello Stato, spesso con la sua connivenza. Non basteranno corone di fiori e belle cerimonie partecipate a far dimenticare che la mafia ha vinto, e che ancora oggi ha un’influenza non indifferente.
Falcone e Borsellino sono due esempi: esempi di ricerca della verità, di dedizione e correttezza, di semplice onestà personale e lavorativa, dedita alla ricerca del giusto, del vero; esempi di persone uccise “dal sistema”, che indipendentemente dalle sue parti è sempre più grande di te.
A voi scegliere quale parte commemorare.
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