Il sit-in di protesta (via IlCrotonese)

Per oltre dieci giorni un gruppetto di ex dipendenti dell’Akros ha protestato sotto al palazzo comunale, in Piazza della Resistenza. Ci sono stati numerosi attimi di tensione, tra scontri verbali con guardie, forze dell’ordine, sindaco e consiglieri, ed attimi drammatici come l’annuncio di uno sciopero della fame ed il successivo malore di uno degli ex impiegati. Dopo due giorni di pausa, la protesta è ripresa su una gru del porto.

Facciamo un passo in dietro: l’Akros s.p.a. nacque nel 1999 e nel 2001 (con una maggioranza spaccata) ottenne in gestione la raccolta differenziata di Crotone e di diversi altri comuni della Provincia. In seguito, per via dell’assorbimento dei lavoratori di ASPSC, si trovò a gestire anche la raccolta ordinaria dei rifiuti e la manutenzione del depuratore. La società svolse un discreto lavoro con la differenziata, portando la percentuale cittadina al picco tuttoggi imbattuto del 22,5%. Ma dal 2006, nonostante i rosei scenari, iniziarono i problemi, che si concretizzarono nel 2009 con le prime crisi di liquidità e la costante ricerca di creditori e fondi. Da allora, almeno una volta all’anno abbiamo assistito ad una protesta dei lavoratori Akros, che prima si piazzavano alla sede della Provincia. Nel frattempo nacque Akrea s.p.a., e l’Akros si avvicinò lentamente al suo destino: fallì definitivamente nell’Aprile 2016, dopo 17 anni di attività.

Sempre nell’Aprile del 2016 i sindacati si mossero per tutelare la posizione dei 62 dipendenti di Akros, e ottennero un accordo per l’assorbimento di tutto il personale in Akrea, la nuova società che dovrà occuparsi anche della differenziata (e che fino ad oggi ha preso un po’ tutti in giro). L’accordo però prevede l’assorbimento immediato di 28 lavoratori, mentre gli altri 34 verranno inseriti “solo con l’avvio del porta a porta“. Ma nel frattempo è passato già un anno, ed a Luglio scadrà la disoccupazione degli impiegati non ancora assorbiti, che si ritroveranno letteramente senza un soldo. Da questa situazione emergenziale nasce la protesta che avete visto tutti, e che sta continuando addirittura su una vecchia gru del porto cittadino, a 30 metri d’altezza.

Che fare? Da una parte abbiamo dei lavoratori, padri di famiglia, che hanno perso il lavoro per il fallimento della società e che a breve percepiranno l’ultima disoccupazione. Dall’altra abbiamo l’amministrazione comunale (specialmente il sindaco), che molto francamente dice di non poter farsi carico di questi lavoratori, sia perché gli accordi sono altri sia perché assorbirli ora vorrebbe dire appesantire le uscite di Akrea, che rischierebbe così di fallire anchessa. Insomma, cos’é più giusto tra il garantire lo stipendio a 34 persone e il garantire il corretto funzionamento di una società che svolge un ruolo pubblico? Non è un dilemma da poco, e la risposta non è affatto scontata. A pesare ulteriormente sulla situazione c’è anche la scarsa articolazione dei nostri servizi sociali (sia a livello nazionale che a livello locale), che molto probabilmente non garantiranno alcuna soluzione economica a queste persone. E, inoltre, l’avvio del porta a porta sarebbe previsto solo per il prossimo Novembre.

Sia ben chiaro: questi signori non sono gli unici a trovarsi in questa situazione, sopratutto a Crotone. La loro protesta è quella che noi facciamo ogni giorno, con la sola differenza d’età. E sappiamo bene, noi poveri cristi, che al momento del bisogno non ci guarda nessuno. Abbiamo assistito, negli ultimi anni, a numerosi casi di suicidi dovuti proprio alla disperazione per la perdita del lavoro, del reddito, o semplicemente dei propri beni. La disperazione in certi casi è tale da prendere il sopravvento, e già il solo fatto che questi signori siano saliti su una gru è un piccolo grande campanello d’allarme per tutta la cittadinanza.

Premesso questo, però, è arrivato il momento di dire una cosa “cattiva”. Una sottigliezza, che spesso ci si dimentica di dire dando (giustamente) più risalto all’aspetto umano della vicenda: il clientelismo, le racomandazioni, gli agganci, le sistemazioni, sono delle armi a doppio taglio. In alcuni casi puoi garantirti il posto a vita, in molti altri invece – la maggior parte dei casi – ti ritrovi col culo rotto e senza cerase. A farti raccomandare da un amico su un posto di lavoro, sarai soggetto alle future simpatie o antipatie nei confronti di questo tuo amico: se questo continuerà a star simpatico va bene, ma in caso contrario farai posto a qualcun altro.

Non ne fanno mistero i lavoratori in protesta, quando dicono chiaramente che al Comune “si sono scelti chi dicevano loro“, preferendo i nuovi impiegati rispetto a quelli storici. Una casualità o una scelta ben precisa? Ad ogni modo, un classico esempio di “raccomandazione” o, peggio ancora, di clientelismo politico: la nuova amministrazione che fa assorbire solo gli amici degli amici, ossia gli ultimi arrivati (quelli simpatici) che prendono il posto dei vecchi (quelli ormai antipatici). Non sappiamo se, nel lontano 1999, questi signori che oggi protestano siano entrati in Akros allo stesso modo… anche se la voce, riguardo ai dipendenti delle partecipate e delle vecchie società miste, pare essere sempre la stessa.

Così come per il discorso dell’aeroporto, torno a ripetere: non bisogna tutelare un sistema sbagliato, bisogna pretendere un sistema lineare e funzionale. Una società non può fallire solo per farsi carico degli stipendi dei propri dipendenti. Non possiamo “pretendere il lavoro” da chi non ce lo può dare. Tuttavia, è anche vero che una persona di quaranta, cinquanta, sessanta anni che resta senza lavoro, in Italia ma specialmente al Sud, ha veramente poche possibilità di reinserirsi nel mondo del lavoro. Lunica strada percorribile (laddove è impossibile il pensionamento anticipato) è il mantenimento del precedente impiego, ossia la tutela del posto di lavoro. E, in questo caso specifico, le istitituzioni si trovano scoperte non riuscendo a garantire i giusti strumenti a queste persone, che fino a Novembre (e probabilmente anche fino al 2018) non verranno sicuramente riassorbite.

Sperando in un valido tampone per queste persone, il punto è: il clientelismo da, il clientelismo toglie. Succede in ogni settore lavorativo, e tutti ne abbiamo sentito almeno un episodio, dal bar sotto casa alla Datel. Se si accetta una cosa del genere questa è una regola del gioco, e a non considerarla (o a far finta di nulla) ci si può scottare. D’altra parte, denota perfettamente il triste assetto clientelare della politica locale, che cambia il base all’amministratore di turno: politica clientelare che c’è, esiste, e di cui gli Sculco danno una perfetta immagine.

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