Quest’anno Crotone è sulla bocca di tutti, tanto che anche Vito Riggio, nel corso dell’annuale rapporto pubblicato dall’ENAC, gli dedica una menzione speciale:
C’è troppa differenza anche di rendimento, di sicurezza, di efficenza, tra Bologna e Napoli da una parte, ne cito una quasi al nord, al centro nord, ma anche Pisa insomma no, da un lato, e dall’altro lato Crotone, che infatti non a caso ha chiuso.
Un’affermazione dura quanto vera, seppur semplificata di molto, che è una condizione comune di numerosi altri scali in tutta Italia. E l’entourage locale non l’ha presa molto bene, evidentemente. Il primo a darne notizia, ieri sera, è stato Il Crotonese, con un titolo decisamente inventato: “Il presidente Enac: Sant’Anna deve chiudere“. Segue un pessimo articolo, fatto esclusivamente di cherry picking fazioso e di parte, dove si lascia spazio a fantasione illazioni ed ai soliti complotti. Si riparla del “piano di conquista di Sacal”, e del triste destino oramai annunciato direttamente dall’alto. La prima nota politica invece è quella di Flora Sculco, che addirittura rilancia parlando anche dello scalo di Reggio Calabria, mai nominato nel discorso. Segue poi la nota di Nicodemo Oliverio, sarcastico come sempre, e addirittura interviente Giuseppe Falcomatà, sindaco di Reggio Calabria, pur non essendo mai stato chiamato in causa, e poi quella di Dorina Bianchi. Ci si aspetta, ovviamente, una nota anche di Ugo Pugliese, impegnato proprio oggi in vertice con Arturo De Felice.
Ma quindi, cosa ha detto Vito Riggio nel corso del suo discorso? Ha detto davvero che “Sant’Anna deve chiudere“? Ha parlato dello scalo di Reggio Calabria? Ha mosso accuse infamanti? Ovviamente, no. Potete ascoltare tutto il suo intervento grazie a quelli di WeSud, che hanno caricato il video integrale, o continuare a leggere qui sotto le parti del discorso che ci interessano direttamente.
Nel corso del discorso, Riggio fà riferimento alla “nostra razionalità occidentale”: è logico investire su chi riesce a mantenere in attivo gli scali, non su chi li fa fallire. Questo è uno dei principali concetti esposti nel corso del discorso, quando dice testualmente:
… se uno c’ha i soldi e il personale gli serve non solo per pagarlo ma per fare altri soldi sembrerebbe logico consentire la fuoriuscita da questa camicia di nesso che ci avvolge.
Insomma, per chi produce si può anche sforare con finanziamenti e concessioni, con chi non produce invece bisogna limitare al minimo gli investimenti. “L’obbligo di fare gli investimenti rimane a noi, e noi saremo spietati“, tuona. Anche in questo caso, non manca un diretto riferimento ad alcuni scali, ed alla loro gestione fallimentare:
Palermo e Catania, che hanno già accumulato un ritardo di circa cinque anni negli investimenti, non si immaginino di potere, per via politica, surrogare le competenze dell’enac, perché su questo non si passa.
Un monito ben chiaro, che sottolinea come sia l’ENAC, in ogni caso, ad avere l’ultima parola, e non i politici locali di turno. A questo punto, Riggio parla genericamente della differenza tra i vari scali, anche molto vicini, dicendo:
Molti di questi sono essenziali (Lampedusa e Pantelleria), molti altri non lo sono. Ma naturalmente la difficoltà politica di decidere, non dico di chiuderli perché non avrebbe senso, ma di non alimentarli attraverso erogazioni pubbliche in una fase così difficile per il paese, rimane.
Insomma, lo avete letto anche voi: “… non dico di chiuderli perché non avrebbe senso …“. Iniziano a traballare le fantastiche cazzate riportate dal crotonese e dai vari commentatori annoiati, con una semplice frase neanche riportata nei loro articoli. Insomma, chi alimenta sostanzialmente il traffico nazionale ottiene più finanziamenti e risorse da parte dell’ENAC, chi invece gestisce un piccolo scalo locale deve trovare il modo di essere autosufficente anziché pesare continuamente sulle spalle di tutti per uno zero virgola. Effettivamente, è un ragionamento tanto “spietato” quanto ineccepibile. A dimostrazione che non c’è alcuna intenzione di chiudere lo scalo, Riggio continua:
Il tema è: entro quale range noi possiamo sopportare che un aeroporto svolga funzioni che sono funzioni di supporto alla società, e non di tipo industriale? Probabilmente in alcuni casi, fin quando non vengono fatte le ferrovie e l’autostrada serve, ma non può essere però un peso che ci portiamo dietro per sempre.
Insomma, un’altra conferma. “… fin quando non vengono fatte le ferrovie e l’autostrada serve …“, cose che ancora, purtroppo, mancano a livello locale a Crotone (ma non a Reggio Calabria). Anche questa particolare frase, riportata a metà sul crotonese, ci dice chiaramente che lo scalo di Crotone non è di certo destinato a chiudere, almeno fino a quando la zona non sarà portata alla “normalità” con gli altri collegamenti. Più probabile invece sembra una modifica al Piano Nazionale degli Aeroporti (d.P.R. n. 201/2015), con la possibilità concreta di un declassamento di alcuni scali, dato che oggi molti di questi si trovano in condizioni critiche. Questa decisione sarebbe motivata dal fatto che:
Non è pensabile che praticamente il traffico aereo italiano, cioè 164 milioni di passeggeri, è concentrato nei 5 aeroporti, che sono poi 3 sistemi aeroportuali grandi dicamo no, strategici, quindi Fiumicino, Ciampino, Linate, Malpensa e Venezia. A questi 5 se ne aggiungono altri 7 aeroporti, che fanno in totale praticamente il 75% del traffico. Il 24%, neanche il 25%, si divide tra altri 34 aeroporti, che sono evidentemente degli aeroporti che hanno una dimensione molto modesta dal punto di vista del contributo che danno allo sviluppo del paese e al traffico.
Insomma, alcuni di quei “34 aeroporti” potrebbe perdere il titolo di scalo di interesse nazionale. Guardando i dati pubblicati sul rapporto cartaceo, oltre a notare che Crotone fa parte della lista “Ulteriori aeroporti di interesse nazionale“, possiamo rallegrarci del fatto che non siamo tra gli ultimi scali per numero di passeggeri. La media di circa 300.000 passeggeri è più che valida, ma non è l’unico fattore di cui bisogna tener conto: sebbene sia un buon marcatore che indica la necessità di mantenere aperto la struttura, c’è poi da considerare tutto il resto, dalla gestione economica ai finanziamenti ricevuti, così come ha ricordato Riggio.
Per cui, Riggio nel suo discorso: non ha mai detto che l’Aeroporto di Sant’Anna deve chiudere; non ha mai nominato lo scalo di Reggio Calabria (che, tra l’altro, fa anche parte della rete Comprehensive Ten-T, per cui sta ancora più al sicuro di Crotone); non ha mai pronunciato il virgolettato “se sono utili, trovare il modo per finanziarli o se non sono utili trovare il coraggio di chiuderli” che state leggendo un po’ ovunque; non ha mai detto che il cambio del piano degli aeroporti comporti la chiusura di un qualche scalo; non ha infamato/deriso/umiliato nessuno. Ha semplicemente presentato un rapporto, che mette in mostra la condizione degli aeroporti italiani, come si fa ogni anno.
Purtroppo, la narrazione tossica e provinciale di una semplice considerazione economica ha superato ogni limite, ed ecco che anziché fermarsi un attimo a capire i discorsi si parte prevenuti. Riggio vuole chiudere l’aerporto! Mobilitazione! Sommossa! Quando invece Riggio ci ricorda che l’aeroporto lo paghiamo tutti, e che un bene dello stato, per essere finanziato, deve semplicemente funzionare bene. Non dovrebbero esserci obiezioni su questo, ma in una Calabria che vive di campanilismi, ed in una Crotone incapace di progettare un futuro, ci troviamo le pessime (e come al solito arroganti) dichiarazioni di quei politici che per anni hanno avallato un gioco che, di fatto, ha portato al fallimento dello scalo. Supportati, purtroppo, dalla stampa locale, incapace di fare informazione (probabilmente per scelta).
Se volete approfondire ulteriormente, qui trovate il perché l’aeroporto è chiuso (e rimarrà chiuso almeno fino al 19 Agosto 2017, per via di un NOTAM), mentre qui trovate il mio personale punto di vista sullo scalo crotonese. Il punto focale del discorso resta comunque lo stesso: non bisogna lottare per mantenere in piedi un’infrastruttura che funziona male, bisogna lottare per farla funzionare bene. Semplice quanto ovvio.
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