In attesa (via Foto Pipita)

Molti anni fa, quando ancora si usava ritrovarsi su Crotone On Web, aprii un topic per parlare delle relazioni tra la chiesa e la mafia. Ovviamente, l’argomento venne accolto con diffidenza e superficialità: non ricevetti nessuna risposta seria, ma solo i classici commenti che negavano ogni possibile collegamento. Eppure, è noto il collegamento di alcuni preti e sacerdoti con il malaffare calabrese. Collegamenti scomodi, “impossibili”, ma che venivano già messi in luce da Corrado Stajano, quando in Africo denunciò l’ambiguità di Don Giovanni Stilo, prete-padrone di un intero paese, amico delle cosche e della politica.

Era il 1979, e da allora le cose non sono cambiate poi molto. E non dovremmo stupirci se nella recente operazione della DDA, “Jonny“, tra i 68 arrestati per reati vari (estorsioni, minacce, violenza, usura, gioco d’azzardo illegale, videopoker, e tutto ciò che rientra nell’influenza di una cosca) troviamo anche Don Edoardo Scordio, controverso parroco di Isola Capo Rizzuto, accusato di gestire il business dell’accoglienza assieme all’imprenditore Leonardo Sacco. I due personaggi non sono nati ieri: erano già finiti in diverse inchieste in passato, sempre in merito al business attorno al CdA del Sant’Anna, dapprima nel 2013 e poi anche nel 2015. Certo, dobbiamo ricordare che si tratta di un’indagine, e che le accuse potrebbero cadere. Tuttavia, il Sant’Anna rimane uno dei centri di accoglienza più grandi d’Italia, costruito in un territorio con la più alta presenza di criminalità organizzata.

Perché bisogna parlarne? Di certo, non per sminuire il valore della chiesa e dei suoi rappresentanti, e neanche per per fare intendere che ad Isola sono tutti mafiosi. No, bisogna parlarne per capire davvero cos’è il business dei migranti. Negli ultimi giorni mi sono occupato, oltre che delle diverse reazioni della popolazione a seguito di due “sbarchi”, anche della nuova ondata complottista locale. Gente adulta, spesso anziana, ed anche giovani, che credono facilmente a moltissime cazzata, tant’è che si ritrovano a parlare delle ONG, di Soros, e del “buonismo” di certi politici e artisti. Ovviamente, pisciano incredibilmente fuori dal vaso: non basta una laurea (nel migliore dei casi) per essere in grado di capire il mondo, e questo evento ne é una triste riconferma.

Mentre c’è chi perde tempo a parlare di complotti internazionali, in Calabria esiste la ‘ndrangheta, che opera senza problemi e senza alcuna attenzione mediatica. Tutti parlano di mafia dopo una esplosione, un agguato, un’intimidazione, ma poi il fenomeno si assopisce, si perde. Come se la ‘ndrangheta fosse visibile solo mentre agisce. Invece la ‘ndrangheta è sempre attiva, e mette le mani un po’ ovunque. Compreso il business dei migranti: questo non si fa in mare ma si fa a terra, nei vari centri di accoglienza e nelle case famiglia, grazie ad appalti e fondi che spesso servono a compiacere i richiedenti, e non dei migranti. Come in questo caso.

Un passo alla volta: prima di dare colpe a Frontex, a Mare Nostrum, all’Europa e a complotti vari, dovremmo fermarci un attimo ed esaminare come funziona il meccanismo dell’accoglienza nei vari centri, in Italia. Vedere i rapporti locali, gli appalti, le partecipazioni, ma anche le condizioni del centro, e le condizioni di vita al suo interno. Senza un minimo controllo, avremo in bocca l’espressione “business dei migranti” senza capirne minimamente il significato.

Che in fondo, è più facile dare la colpa agli immigrati, ai negri: sono loro i criminali.

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