Nei giorni scorsi si è scatenata una grossa polemica in merito alla bufala riguardante la presunta sorella di Laura Boldrini, accusata di gestire niente poco di meno di “340 cooperative che si occupano di accoglienza degli immigrati”. La bufala è stata lanciata da una pagina di nome “Avanguartia Nera” (attualmente sospesa), ed è stata smentita dalla stessa Boldini. Ad aggravare il caso, il fatto che la sorella della Boldrini, che si occupava di tutt’altro e che non ha mai gestito cooperative, sia morta diversi anni fa per malattia.
Insomma, un pratico esempio di odio personale, prima che politico. Siamo abituati a situazioni del genere, che ciclicamente si ripresentano con soggetti diversi: parliamo sempre di persone legate a cariche governative, affini al governo in carica. E di esempi ne potremmo fare tanti, dalla Kyenge alla Bindi, dalla Boschi alla Fornero, per restare negli ultimi anni di vita politica, per poi passare alla Prestigiacomo, alla Brambilla, alla Carfagna, alla Santanché, alla Minetti. Quasi sempre, i bersagli sono le donne.
Chiamasi “indignazione ad orologeria” quel meccanismo che spinge a creare risentimento verso qualcuno tanto da “bollarlo” ad eternam con questo o quell’appellativo. Spesso lascia il tempo che trova, e per questo c’è sempre bisogno di trovare nuovi soggetti da mettere alla gogna.
In questo caso però c’è un’eccezzione. Di tutti quei poveri beoti che hanno creduto alla bufala, uno solo di loro ha avuto i cosiddetti attributi di fare mea culpa. Parlo di un tale, Felice di Rocco, che ha tenuto una piccola intervista per chiedere scusa pubblicamente. In questi piccoli passi, mette in luce non solo tutta la mediocrità della maggior parte dei fruitori del web, ma anche il tipico atteggiamento da “scaricabarile”. Lo stesso che poi si recrimina ai politici.
Dopo aver chiesto pubblicamente scusa per il suo commento (neanche troppo volgare), ed aver ammesso di esserci cascato, leggiamo:
Farà qualcosa per evitare di cadere ancora nella trappola dei fabbricatori di bufale?
“Scriverò a Facebook protestando per il fatto che fanno girare notizie false. Come facciamo noi che non abbiamo strumenti a distinguerle dalle vere? Devono dircelo loro, altrimenti per colpa di altri facciamo la figura dei cretini. Se non avrò rassicurazioni, mi cancellerò dal social. Non voglio che loro guadagnino i soldi della pubblicità a scapito anche della povera gente come me. Ma non finisce qui”.
Insomma, se ne lava le mani, della serie “non è colpa mia”. Quest’uomo, che è pur sempre un pensionato settantenne, ammette di non essere in grado di distinguere notizie vere e notizie false, tanto da accusare di non avere strumenti per poterlo fare. “Devono dircelo loro”, dice: vuole imboccata la notizia, allo stesso modo di come gli è stata imboccata la bufala. E infatti il concetto non cambia, tant’è che il suo atteggiamento non è costruttivo ma avversivo, tant’è che la prima cosa che farà sarà scrivere a facebook per protestare.
La conferma di questo triste giro di parole si trova esattamente al passo successivo (e conclusivo) dell’intervista:
In che senso?
“Sono arrabbiatissimo con l’autore della bufala, per colpa di quello scemo ho sbagliato. Vorrei che venisse identificato. Che venisse denunciato. Poi vorrei sapere chi è, per andargli a dire di persona che cosa penso di lui. Per favore, ditemi chi è, e dov’è”.
In pratica, quest’uomo vuole usare lo stesso atteggiamento (sbagliato) che ha usato contro la Boldrini, rivolto però all’autore della bufala. Vorrebbe nuovamente trovarlo per dirgliene quattro, sapesse chi è glielo scriverebbe su facebook qualche commento schifato e indignato. Perché secondo Felice di Rocco, lui ha sbagliato “per colpa di quello scemo”. Lui era in buona fede a condividere una cazzata: il problema è chi le pubblica non chi le condivide.
Apprezzo molto il gesto di uscire allo scoperto (ammettendo che questo Felice di Rocco esista davvero), che indica quanto meno una volontà di ammettere un errore. Tuttavia, il ragionamento di quest’uomo è sbagliato nelle sue più profonde fondamenta: è costruito sul marcio. Ed è gravissimo questo atteggiamento, quotidianamente utilizzato dalla maggior parte delle persone (non solo sul web, ma in tutta Italia), anche dai giovani.
E’ una triste conferma di quello che si chiama “analfabetismo funzionale”, aggravato dal disinteresse generale verso certi argomenti. Non ci interessa sapere la verità dietro una notizia, ma solo avere una misera conferma che tutto è uno schifo, e che se “stiamo male” è sicuramente colpa di qualcun altro. Meglio ancora se dei politici. Meglio ancora se parliamo di figure marginali e (chissà perché) antipatiche ai più. Sono loro “i più loschi”, quelli che fanno le peggio cose.
Un retaggio medievale, misero, becero, capace di dar sfoggio all’ignoranza più illogica e meschina di cui un uomo è capace. Il signore in questione pare aver imparato la lezione, ma non ci giurerei. E sopratutto, non è abbastanza, a fronte dell’incredibile mole di commenti e insulti che si leggono e si sentono, giorno per giorno, sui social ma anche su certi giornali.
E sia ben chiara una cosa: il problema non è chi pubblica la bufala, ma chi la condivide. Una piccolo fuoco può spegnersi in pochi minuti senza che nessuno se ne accorga, ma può anche diventare un incendio indomabile. Chi condivide una bufala come questa, purtroppo, dimostra non solo di essere in malafede, ma anche di essere un ignorante, per non dire altro.
E a vedere il panorama politico-sociale del bel paese, c’è da dire che l’Italiano medio (quello che si lamenta per tutto e contro tutti) è l’espressione perfetta di questa situazione di miseria culturale, che va ben al di là del professare idee differenti o dal dissentire da certe cose.
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