L'indice di aridità del 1988
L’indice di aridità del 1988

Chi di voi si ricorda la desertificazione? Sono sicuro che c’è la ricordiamo tutti, perché era un argomento di base presente su tutti i libri di geografia. Si stima che oltre il 50% del territorio Italiano sia potenzialmente a rischio, specialmente nelle regioni meridionali come Sicilia, Calabria, Puglia, Basilicata e Campania. E’ un fenomeno noto da tempo: la mappa che vedete nella foto è una rappresentazione dell’indice di aridità calcolato in Calabria nel 1988, e come potete vedere, a parte le aree boschive della Sila e dell’Aspromonte, il resto del territorio è considerato a rischio.

Oggi sappiamo molte più cose di allora, e ci troviamo a fronteggiare nuovi problemi. Il riscaldamento globale non è più un tabù, e sappiamo che questo ci potrà colpire in due modi: o ci renderà un territorio desertico o ci sommergerà (senza considerare gli effetti sulla fauna). Non possiamo sapere quale sorte ci coglierà prima, ma sappiamo per certo che l’uomo si sta rendendo artefice degli attuali cambiamenti climatici.

Questi cambiamenti sembrano avere un impatto molto più forte sul livello del mare, che sarebbe già aumentato di diversi centimenti. Questa situazione ha portato a numerose situazioni di disagio, specialmente nelle aree costiere di diversi paesi. Come mostrato nel nuovo documentario Punto di non Ritorno, la città di Miami si trova sommersa da diversi centrimetri di acqua periodicamente, e intere piccole Isole del Pacifico stanno facendo i conti con l’innalzamento del mare, costringendo numerosi abitanti ad un trasferimento forzato.

E’ vero, succede anche a Venezia. Il problema è che potrebbe succedere un po’ a tutte le città costiere, compresa Crotone, che non sono affatto preparate ad affrontare un eventuale innalzamento del mare. Inizia a diventare idea comune che l’acqua arriverà prima del deserto: c’è chi è più ottimista, e prevede ancora diversi secoli di attesa, e chi invece lancia il solito allarme per il 2040/2050. Intanto, la temperatura del pianeta si è stabilmente alzata di poco più di 1°, e non siamo troppo lontani dal primo “punto di non ritorno”.

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In questo grafico potete osserva la temperatura media annua di Crotone, dal 1973 al 2015. Come potete vedere, la media è decisamente più alta: a partire dalla metà degli anni ’80, la temperatura è andata ad aumentare. Rispettiamo appieno il trend denunciato dall’ISTAT, che registra un’aumento delle temperature nell’ultimo decennio dello 0.8%. Questa condizione ovviamente non vale solo per l’Italia, ma si registra in tutto il mondo.

Noi diciamo in generale “la terra”, ma i parametri registrati sono tre, e comprendono la temperatura al terreno, alla superfice del mare e dell’aria. In questo modo si ottiene un dato più concreto, che ci dice di quanto effettivamente faccia più caldo. E’ facile sentire in televisione o in rete che questo o quell’anno sono stati i “più caldi di sempre” o cose del genere: ultimamente sta diventando più frequente proprio perché le temperature vanno ad alzarsi. Succede sempre più spesso che mesi come Aprile, Maggio e Settembre aumentino la loro media, passando dall’essere al di sotto dei 20° al superarli abbondantemente.

Non è una novità che si registrino sempre medie più alte, e a parte delle vere e proprie anomalie (come il 2003, tutt’oggi uno degli anni più caldi di sempre) l’aumento della temperatura del nostro pianeta diventa sempre una priorità più importante nello scenario internazione. A Dicembre 2015 è stato firmato l’Accordo di Parigi, al quale hanno aderito tutti i grandi paesi del mondo: nonostante sia un accordo non vincolante (chi non lo rispetta non viene sanzionato), ci si impegna nel ridurre le emissioni per diminuire l’aumento della temperatura. L’obiettivo è di non superare i 2°, meglio ancora se si riesce a stare sotto i 1.5°.

Ad aumentare le temperature infatti ci pensano i gas serra: il principale è il vapore acqueo, seguito dall’anidride carbonica (CO2), il metano (CH4) e l’ozono (O3). Vapore acque o ozono non dipendono strettamente dall’uomo, a differenza del metano e dell’anidride carbonica. Quest’ultima in particolare è molto dannosa per l’ambiente, ed è particolarmente concentrata nel “nord del mondo”. L’Italia risulta essere il 10° paese al mondo per produzione di CO2, e probabilmente non ci rendiamo conto della quantità di CO2 che finisce nell’ambiente ogni secondo.

L’aumento della temperatura, oltre a danneggiare ulteriormente il buco dell’ozono, ha una ripercussione diretta sull’ambiente: fa sciogliere i ghiacciai. Questo crea una serie di problemi, partendo dal fatto che il livello del mare finisce per alzarsi, numerose specie finiranno per estinguersi, ma influenza anche le correnti marine. Si teme addirittura che il nord europa possa subire una nuova glaciazione, a seguito del riscaldamento della terra. Un bel paradosso.

In questa mappa potete visualizzare le aree a rischio inondazione nell’eventualita di un aumento delle temperature. Come vi dicevo, già 2° in più potrebbero avere delle serie ripercussioni, mentre i 4° sono il punto limite. Le aree colorate in azzurro indicano quelle che sarebbero soggette ad inondazione, e quindi a finire sommerse nel corso del tempo.

Nel Crotonese la situazione non è delle migliori: assistiamo ad un centro cittadino sommerso per metà, tutta la costa fino a Cirò Marina inondata. Campi, abitazioni, paesi, che potrebbero sparire nel nulla. La Calabria ha mille problemi, ed è altrettanto probabile che finisca “sotto sopra” senza dover aspettare nessuna inondazione. Ma l’ipotesi è da prendere seriamente in considerazione, avendo quasi 800km di costa.

Tra rischio idrogeologico, territorio sismico, pericolo di inondazioni (anche per una semplice pioggia), erosione costiera e rischio desertificazione, non possiamo proprio lamentarci. Anzi, piuttosto che lamentarci che il tempo non è più quello di una volta, dovremmo iniziare a prendere più seriamente in considerazione gli effetti del cambiamento climatico nella nostra terra. C’è anche l’inquinamento che produciamo noi da tenere in cosiderazione.

Molto spesso ci si riferisce ad una terra selvaggia e incontaminata. Forse fino a qualche decennio fa era vero. Forse è così solo in qualche sperduto posto in montagna. Perché per il resto, la Calabria non è messa bene. Più che selvaggia è anarchica, nel senso più acido del termine. Il riscaldamento globale colpirà anche noi, ma non prima delle ennesime dispersioni di liquami in mare, di scarichi non a norma, di rifiuti tombati in gran segreto e così via.

Contro l’anidride carbonica possiamo fare poco. Non basta cambiare una lampadina o comprare un’auto ibrida, se ogni secondo ne vengono emesse migliaia di tonnellate nell’aria. In questo caso, è tutto un sistema da cambiare, e ci vorrà tempo. Mentre per i “cambiamenti climatici” che osserviamo quotidianamente, dall’immondizia agli sversamenti, dalle discariche abusive ai depuratori non funzionanti, potrebbe esserci una risoluzione molto più rapida.

L’importante è prendere consapevolezza, di entrambe le situazioni. Non sia mai che finiremo sommersi da un mare inquinato a merda. Oltre al danno, la beffa.

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