Il monumeto ai caduti (via OrsoMarsoBlues)
Il monumeto ai caduti (via OrsoMarsoBlues)

Oggi ricorre il 67° anniversario dei Fatti di Melissa, talvolta detti “strage” o “eccidio”. Un’evento poco noto anche a chi vive in Calabria, oramai dimenticato o destinato al dimenticatoio, poco presente in rete e mai studiato o approfondito nelle scuole e nei libri di storia. Eppure, i Fatti di Melissa furono importantissimi, sia per la storia del Sud che per quella dell’Italia.

La storia è semplice: il 29 Ottobre 1949 numerosi contadini si riunirono in località Fragalà, nei pressi di Melissa, e occuparono pacificamente dei terreni appartenenti al latifondo di Berlingieri. I contadini chiedevano “pane e lavoro”, e volevano in concessione ulteriori terreni per poterli lavorare anziché essere costreti al disimpiego. Si rifacevano al D.L.L. 19 Ottobre 1944, Concessione ai contadini delle terre incolte, che portava la firma di Fausto Gullo, importante politico Calabrese noto come il “Ministro dei Contadini”. Purtroppo per loro, vennero chiamate le guardie e la polizia, e dopo diversi tentativi di sgombero falliti la situazione degenerò: la polizia iniziò a sparare ad altezza uomo, uccidendo 3 persone e ferendone 15.

Per molti anni, molto ignorantemente, il focus storico si è concentrato solo sull’apparteneza politica dei tre uccisi. Storicamente, viene ricordata come una battaglia “di sinistra”, ma in molti ricordano l’appartenenza dei contadini al MSI. E si sono passati anni a discutere su chi avesse ragione, su chi difendesse la verità e su chi mentisse. Questo, ovviamente, è un dettaglio minimo: la storia infatti ci insegna che i Fatti di Melissa ebbero un’eco nazionale, e che costrinsero il governo di allora a prendere dei provvedimenti immediati. Era la prima protesta per la terra della Calabria nell’Italia Repubblicana, che mise in luce il rapporto feudale che ancora vigeva tra il barone ed il contadino (condizione perpetrata e favorita, manco a dirlo, dal fascismo).

In un documentario sulla Costituente, il deputato Emilio Colombo ci ricorda che, parlando con Alcide de Gasperi, fù proprio a seguito di questi fatti che ci si rese conto della necessità di effettuare una vera e propria Riforma Agraria, sulla scia delle riforme progressiste annunciate da Gullo. Questa venne approvata l’anno successivo, nel 1950, e per la prima volta dai tempi dell’Impero Romano (!!) la proprietà dei terreni veniva strappata al latifondista e consegnata ai contadini. Ogni contadino divenne proprietario di un pezzo di terra, che poteva gestire in piena libertà e autonomia. Niente più padroni, niente più ordini.

E’ vero, “la sinistra” ha cavalcato la storia (molti puntano il dito contro l’opera di Ernesto Treccani esposta nell’aula consiliare del Comune di Crotone, ad esempio). Ma volendo essere pignoli, scopriremo che la lotta per le terre è, effettivamente, una lotta propria della “sinistra”. I movimenti “di destra” hanno sempre avuto come riferimento il lavoro agricolo, la coltivazione, la produzione del grano… ma sempre in un ottica baronale, feudale, con il contadino al di sotto del possidente. Appunto, il lavoro della terra, non la proprietà della terra. Fù solo con delle vere riforme come quella Agraria, ma anche il Piano della Sila o l’Opera Valorizzazione Pollino, che si difese realmente la condizione del lavoratore. Nel dopoguerra poco importava l’appartenenza politica: le lotte “rosse” furono abbracciate da tutta la Regione, anche da chi era un fervente fascista fino a qualche anno prima. Il proprio pezzo di terra non lo rifiutava nessuno.

Oggi siamo in una situazione paradossale, e le terre che fecero versare tanto sangue sono per buona parte incolte. Dimenticate. Il tempo passa, e le cose cambiano: il lavoro non si ottiene più solo in campagna, e non si vive più di sole coltivazioni. Il sacrifico di quelle tre vite quindi è stato vano? Assolutamente no. E per non vanificarlo, dobbiamo ricordarci che anche noi siamo stati parte integrante dell’evoluzione dell’Italia Repubblicana sin dal suo esordio. E’ anche grazie alle nostre lotte, indipendentemente dal colore politico, che l’Italia si dotò di regole e leggi più efficenti ed efficaci. E’ anche grazie alle nostre lotte, indipendentemente dal colore politico, che l’Italia Repubblicana pose fine a numerosi soprusi che perduravano e proliferavano da sempre. Ed è anche grazie alle nostre lotte, indipendentemente dal colore politico, che la Calabria ed il Sud più in generale, si risollevò un po’ dalla sua persistente situazione di disagio cronico.

Così vanno inquadrati i Fatti di Melissa. Non come una battaglia politica, nè come uno scontro partitico. Ma come gente comune che ha creato un precedente, ed ha permesso di realizzare qualcosa di grande. Loro, e tanti assieme a loro, hanno pagato con la vita, ma hanno permesso a tanti altri di risollevarsi e di avere una condizione migliore, non solo al Sud ma in tutta Italia.

Oggi, 29 Ottobre, è l’anniversario di quei fatti. A parte CrotoneNews, nessun giornale locale ne ha parlato, nessun politico lo ha ricordato. Anche perché oggi, 29 Ottobre, è anche la nascita di Rino Gaetano, e sono stati tutti un po’ più attenti al cantautore che alla storia.

2 risposte a “Il risvolto storico di quei fatti”

  1. […] a male tutto il sistema produttivo locale. Siamo agli inizi di quelli che poi ricorderemo come i fatti di Melissa, che concretamente avvennero un po’ ovunque, in tutto il crotonese. Inizialmente vennero […]

  2. […] ancora sfasciata del dopoguerra la violenza baronale. Una evento che non ha bisogno di riassunti e del quale ho già parlato, e che oggi come ieri giace abbandonato in un angolo di un vecchio […]

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