In queste ore successive alla tragedia ferroviaria in Puglia i media si stanno sbizzarrendo. Come al solito, verrebbe da dire. Sin da poche ore dopo lo scontro, telecamere di ogni emittente hanno presidiato il luogo dell’impatto, e poi l’ospedale da campo, e oggi l’ospedale civile di Bari per il riconoscimento delle salme da parte dei familiari. E mentre tutto è ancora in corso, gli schermi si riempiono di scene terribili, del dramma di chi ha perso qualcuno, di lacrime, pianti e testimonianze strazianti. Scene tristi, che riempiono il cuore di rabbia ma che non apportano nulla al discorso. Scene di vita personale, rubate ai rispettivi proprietari da sciacalli da “diretta” e “speciali” senza alcun contenuto.

E come al solito, si ripropone il solito schema inquisitorio: prima la compassione, poi la rabbia. Ma rabbia verso chi, verso cosa? Già si additano i grandi mali eterni: l’arretratezza del Sud, i fondi mai spesi, i cantieri mai avviati, i lunghi tempi della burocrazia. Ma escono fuori, timidamente, anche nuove accuse: alla ferrovia a binario unico, alle comunicazioni “all’antica”, alle reti ferroviarie private. Ignorando quasi completamente l’unico vero fattore scatenante di tutto: l’errore umano.

Probabilmente, l’unica vera causa di questo dramma.

In tutto questo marasma, oltre agli sciacalli c’è da stare attenti anche a chi vuole pontificare sulle sciagure altrui, portandole a favore della “propria causa”. Abbiamo un esempio locale di questa triste pratica, esposta oggi in un “articolo” su CrotoneInforma, che titola: “Tutti i meridionali responsabili della tragedia pugliese!“. Nell’articolo abbondano i toni forti, non mancano le classiche esclamazioni come “Vergogna!” e i soliti inviti, alla compattezza, a risvegliarsi, a rialzarsi ecc. Per capire appieno l’articolo, ci basta andare all’ultimo paragrafo, dove leggiamo:

Tutti noi siamo responsabili di un silenzio e di una connivenza con un modo di intendere la vita miope e cretino! Tutti noi dobbiamo sentirci responsabili di una realtà che contribuiamo ad alimentare con piccoli e grandi atteggiamenti di collusione e lunghissimi ed assordanti silenzi che hanno ancora maggiori responsabilità!

Insomma, è la solita manfrina che da anni spalma le colpe di singoli individui su una collettività “connivente”. Un discorso che potremmo applicare a qualunque cosa, ad ogni fallimento, ad ogni errore, ad ogni tragedia. Il problema, nel fare questo, è che si perde di vista il problema reale. E purtroppo, in questo caso il problema reale è stato volutamente distorto, proprio da chi ha scritto quel pezzo. In questo caso, non solo si ignora completamente e volutamente una realtà molto più complessa e articolata (quella delle reti ferroviarie meridionali, spesso privatizzate dalle regioni e con milioni di debiti sulle spalle che si stanno risanando solo in questi mesi), ma si vuole addirittura usare l’accaduto come monito: state attenti, che in fondo è colpa vostra se abbiamo ancora il binario unico, e questo è quello che succede ad essere conniventi con questa “logica troglodita”. La stessa che ha portato alla scrittura di quell’articolo.

Condividiamo tutti la necessità di operare degli interventi sulla rete ferroviaria ionica, così come condividiamo tutti la necessità di finire questa benedetta SS106/E90. Ma poi, ad andarci a vedere un po’ meglio, la maggior parte dei gridatori di piazza si tira indietro. In fondo è meglio gridare “Vergogna!“, anzi, scriverlo è ancora meglio. Se c’è un problema sulla ferrovia ionica, quello non è di certo il binario unico. Al massimo, è lo smottamento del terrendo al di sotto del binario, le linee ferrate degli anni ’60, la mancanza di una rete elettrica, con conseguente impossibilità ad usare delle automotrici che non siano le ALn 668, che viaggiano sempre a meno di 100km/h (per colpa sempre della condizione della linea ferrata) e che subiscono molti guasti, essendo state prodotte nel primo lustro degli anni ’80. E, non meno importante, il fatto che non siamo più un collegamento principale. Duro da accettare, ma la “stupida realtà” è anche questa.

Più della metà delle reti ferrate in Italia è a binario unico, oltre 15 mila chilometri. Questo per dire che il transito a binario unico di per se non è pericoloso. Anzi, anche questo è uno “standard Europeo”. Tuttavia, richiede alcune attenzioni in più. Una delle tante, e forse la più importante, è proprio quella di accertarsi che non ci siano altri convogli sulla linea. Per questo i treni fanno i cosiddetti “incroci” alle stazioni: aspettano che il binario si liberi. E questo, purtroppo, è stata l’unica grande mancanza che ha provocato questa tragedia. Anche questo è duro da accettare, e certe menti, come quelle di chi scrivere un articolo sensazionalistico, non lo accettano. No, devono vedere altro, pensando di vedere oltre. Non gli basta la verità, perché devono trovare la loro, di “stupida realtà”.

E se tutti questi elementi si combaciano in un mix dove per davvero si scontrano tante realtà Italiane particolarmente accentuate nel meridione (arretratezza, mancanza di interventi, mancanza di fondi, ritardi nei cantieri, lunghi tempi ecc), non si può prescindere dalla causa scatenante: l’errore umano.

Il contorno è solo un pretesto, in questo caso, per puntare i riflettori un po’ su tutto. Per buttarla lì, e dire: eh, se avessero avuto due binari/strumenti di controllo elettronici/una nuova ferrovia/usato quei fondi/ammodernato il tratto/cambiato automotrici/controllato i macchinisti/controllato le coincidenze non sarebbe successo. Perché così è facile. Così si evita di fare un’analisi, e ci si limita al “come sarebbe stato se”. E, di convesso, si finisce per smettere di cercare la causa scatenante di tutto. Che, in questo caso, prescinde da ogni ammodernamento, da ogni misura di sicurezza, da ogni precauzione presa. L’errore umano capita sempre, anche nelle situazioni più impensabili.

Di fronte ad una tragedia del genere, bisogna essere consapevoli del fatto che ogni giorno migliaia di treni viaggiano su binario unico senza alcun problema. E che purtroppo, dopo decenni senza alcun incidente civile del genere, è successo. Così come succedono gli incidenti d’auto, così come cadono gli aerei. Qualche vecchio in piazza, questa mattina, parlava di destino (riferendosi in particolare all’agricoltore che lavorava nel campo vicino ed è stato colpito dalle lamiere schizzate dopo l’impatto), in una visione tipicamente fatalista del mondo. Sarà. Il punto è che ognuno si va a trovare la spiegazione che gli sembra più plausibile, e che si diranno tante, troppe cose su una tragedia non annunciata e imprevedibile, ma sempre dietro l’angolo.

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