Pitagora nella Scuola d’Atene

Come vi anticipavo ieri, è arrivato il momento di fare un po’ di approfondimento su Pitagora, sulla sua figura leggendaria e sulla sua scuola. Mentre ieri parlavamo dei Versi Aurei, un mix di aforismi e regole che dovevano caratterizzare il comportamento di ogni discepolo, oggi parliamo dei Simboli, conosciuti anche come le 39 Regole Pitagoriche.

A differenza dei Versi Aurei, queste sono vere e proprie regole imprescindibili, un vadecum dei comportamenti rituali da non dimenticare mai. Alcuni di questi sono in aperto contrasto tra loro, altri sono decisamente bizzarri.

Pitagora pare fosse solito parlare per metafore e simbologie. Questa è una caratteristica di molti saggi e filosofi, e Pitagora rientra a pieni titoli in questa lista. Alcune di queste regole infatti, hanno un ovvio significato metaforico, facilmente intuibile sopratutto ai giorni nostri, ma incredibilmente misterico a quei tempi.

I Pitagorici osservavano molte regole piuttosto ferree, che riguardavano un po’ tutti gli aspetti della loro vita. Questo elenco di regole è molto riduttivo, e va sicuramente implementato non solo con i Versi Aurei, ma anche con molti altri testi e racconti. Solo così si potrà grossomodo capire lo stile di vita condotto da queste persone.

Mentre te ne vai al tempio per adorare gli dei, non dire intanto né fare altra cosa spettante alla vita.

Per incidenza non entrare nel tempio né adora in alcuna guisa, neppure se ti venisse di passare proprio dinanzi alle porte del tempio.

Scalzo sacrifica e adora.

Schiva le vie maestre e cammina pei sentieri.

Astieniti dagli animali dalla coda scura, poiché spettano agli dei terrestri.

Frena prima di d’ogni altra cosa la lingua, ossequente agli dei.

Adora l’eco, quando spirano i venti.

Non ferire il fuoco con il coltello.

Rimuovi da te qualsiasi aceto.

A chi si reca in ispalla il peso dà mano per alzarlo, ma non per levarlo a chi lo depone.

Per calzarti sporgi prima il piede destro, ma per lavarti il sinistro.

Di cose pitagoriche non discorrere senza lume.

Non saltare oltre il giogo.

Peregrinando lontano da casa non volgerti indietro, poiché le Erinni ti inseguirebbero…

Non astergere la sede con una fiaccola.

Alleva il gallo, ma non immolarlo, poiché è consacrato alla luna ed al sole.

Sul chenice non porti a sedere.

Non allevare alcun animale di unghia curva.

Su la via non tagliar legne.

Non ricevere sotto il tuo tetto la rondine.

Non portare anello.

Non scolpire su l’anello immagine di dio.

Alla lucerna non guardarti allo specchio.

Non negar fede a nulla di meraviglioso che riguardi gli dei o i dogmi divini.

Non darti a sfrenato riso.

Al sacrifizio non tagliarti le unghie.

Non stringere facilmente la destra a chi che sia.

Alzandoti dalle coltri ravvolgile e fanne sparire ogni tuo vestigio.

Non rodere il cuore.

Non mangiare il cervello.

Sputa sui ritagli dei tuoi capelli e delle unghie.

Non prendere il fragolino.

Fa scomparire dalla cenere il vestigio dell’olla.

Con quella che tiene ora non aver commercio per procreare figli.

Rendi il primo onore all’abito e al tribunale, anziché all’abito e al triobolo.

Astieniti dalle fave.

Pianta sì la malva, ma non cibartene.

Astieniti da cibi animali.

Si noti, ad esempio, come anche in questo caso determinate affermazioni coincidano con cose che si dicono e (in parte) si fanno ancora oggi. Il primo simbolo ci dice, semplicemente, di non fare altro se si sta andando al tempio. Un comportamento ancora oggi abbastanza comune, quando si va in chiesa. Oppure, anche il consiglio di non stringere la mano a tutti. Usanze piuttosto radicate, mentre altre (come lo sputare su unghie e capelli tagliate) decisamente bizzarre.

In questa lista, la cui attendibilità non è comunque certa, c’è anche una sorta di illogicità: I simboli “Non portare anello” e “Non scolpire su l’anello immagine di dio” sono in contrasto. Potrebbe essere che fabbricassero anelli, magari anche decorati, solo per bellezza per poi non indossarli? Chi lo sa.

Alcuni di questi versi inoltre richiamano un’altra caratteristica degli insegnamenti Pitagorici, ossia i dogmi e i tabù. Un esempio chiaro è “Astieniti dalle fave“. Perché? A quanto pare questo era un segreto ben custodito, ma nei prossimi giorni ci butteremo giù qualche riga. Sarebbe anche bello da capire il perché, tra tutti i pesci, proprio del fragolino si deve fare a meno.

Inoltre, si può notare l’aspetto “vegetariano” della dottrina. Il rispetto per gli animali nella scuola era molto elevato, e, anche se non si astenevano completamente dal mangiare carne, le restrizioni su cosa, come e quando mangiare erano piuttosto numerose. A questo punto, possiamo concludere questo post proprio con una curiosità sul rapporto che Pitagora aveva con gli animali, raccontando due storie piuttosto note, ma sconosciute a molti.

Pitagora, a quanto pare, non solo riuscì a convincere una mucca a non magiare più fave per il resto della sua vita, ma salvò anche un cane da un linciaggio, poiché, a suo dire, aveva riconosciuto nello sguardo di quel cane lo sguardo di un suo amico morto e reincarnatosi nell’animale 😎

3 risposte a “Pitagora e “I Simboli””

  1. […] cose pitagoriche non discorrere senza lume. Questo sarebbe uno dei simboli che ci sono stati tramandati ed attribuiti niente poco di meno che al saggio filosofo. Se sia vero […]

  2. Avatar andrea
    andrea

    buongiorno. volevo un chiarimento al di la delle regole, mi intressa il numero 39. conoscendo pitagora e le sue dottrine basate sui numeri, chiedo da dove viene questo riferimento al numero 39, in senso geometrico o misterico ? grazie
    andrea

    1. Avatar Francesco Placco

      Salve, bella domanda: il 39 rappresentava la triade del numero 13, ed a sua volta la somma delle prime tre potenze del numero 3. Faceva anche parte del triangolo rettangolo pitagorico, in quanto l’ipotenusa rappresentava “il figlio generato dal padre”. In tal senso è bene ricordare che secondo recenti interpretazioni Pitagora era “filosemitico”, nel senso che le sue dottrine misteriche si rifacevano apertamente agli insegnanti giudaici di cui sicuramente aveva nozione al tempo. Non a caso nell’ebraismo e nel cristianesimo antico il numero 39 era ricorrente in diversi aspetti della quotidianità.

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