Mi viene in mente Chicoria, quando rima “… pace all’anima de Stefano Cucchi …“. Perché ormai c’è rimasta solo questa speranza, ossia che quel povero disgraziato riposi in pace.
Fosse per lo stato italiano, neanche questo. La sentenza a dir poco vergognosa, pronunciata oggi (5 Giugno 2013) rende bene l’idea di come e quanto funzioni la giustizia nel bel paese. È comunque possibile riassumere il tutto con una sola parola: male.
Riassumendo la questione in breve, abbiamo un giovane massacrato di botte da alcuni agenti della penitenziaria, e dei medici che non lo hanno assistito, lasciandolo letteralmente morire. La causa della sua morte, è stata imputata unicamente ai medici (come omicidio colposo per altro), mentre gli agenti sono stati scagionati. Una visione imparziale e volutamente errata, volta a tutelare una parte dello stato che, come ci ricorda anche il recente sit-in “casuale” sotto l’ufficio della madre di Aldrovandi, spesso e volentieri è una vera merda.
Non ci vuole molto. L’inizio della sua morte è avvenuto per mano degli agenti che ci hanno dato giù forte. I medici hanno fatto il resto, ma nulla sarebbe iniziato senza le botte. Principio di causa-effetto, niente di più. Non voler vedere questo dettaglio, non voler cogliere dove sia nato il discorso, è una mancanza non da poco. Sono state ignorate prove certe, come quelle del pestaggio selvaggio, per far svincolare tutte le colpe sui medici… Non è il primo caso in Italia, e forse non sarà nemmeno l’ultimo.
E ci ritroviamo con un morto, una famiglia in lacrime, ed uno stato che tutela “ad minchiam“.
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